Trash - Spazzatura

fanta storia ecologico/spirituale

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    Beatrice

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    Eccomi! Scusa il ritardo ma in questi giorni sono davvero incasinata con il lavoro. Mi chiamano spesso (così guadagno di più e metto soldini da parte per la jib6 ^_^)
    Sono contenta che tu sia tornata, mi mancava la tua storia originale. Spero che i tuoi non siano stati problemi troppo gravi.
    Ma torniamo alla ff. Questi due pezzi mi sono piaciuti, come sempre mi prendono. peccato che Heron sia dovuto arrivare a una simile soluzione, per niente semplice e difficile da mandare giù. Ma era l'unico modo per liberarsi dei "cattivi".
    Uh uh la fine, l'ultima frase, non dice niente di buono.. ansiaaaaaaa
    Continua presto!!! Intanto complimenti, ottimo lavoro
     
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  2. sahany09
     
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    Grazie Bea. :) Quanto ai miei problemi, beh..... non sono molto gravi (non riguardano la salute che, per fortuna c'è, ma la sfera lavorativa), ma neanche tanto leggeri, comunque, spero di risolverli al più presto.
    Intanto, vado avanti e posto un altro pò di roba.

    Puntata lunga ma relativamente tranquilla.
    Non siamo più nello spazio, bensì sulla Terra, precisamente in una paradisiaca cittadina svizzera che pare isolata dal resto del globo, e dove la vita sembra svolgersi come se niente fosse mai successo.

    Entrano personaggi nuovi che potranno risultare simpatici. Sono Italiani e devono affrontare un'emergenza. Ora vedrete.
    Buona lettura. :)

    NOTA: la cittadina in cui si svolge l'azione esiste veramente ed io la conosco per esserci stata. E' davvero deliziosa. Sembra un posto da fiaba o da cartolina natalizia.


    TRASH - SPAZZATURA






    5) UN GIORNO DA NON DIMENTICARE



    Terra, 2114, una notte stellata di giugno in una tranquilla cittadina svizzera



    La graziosa cittadina di Grindewald, spalmata su una paradisiaca valle circondata dalle montagne, dormiva sotto un cielo stellato di giugno quando il buio e il silenzio furono bruscamente squassati da un fragore apocalittico e da un bagliore che illuminò a giorno la zona per alcuni istanti, svegliando per primi gli animali, soprattutto i cani che presero ad abbaiare furiosamente, atterriti dal baccano provocato dal boato.
    Anche Wendy, la terrier della famiglia Aloisi, sprofondata fino ad un secondo prima nel sonno del giusto, si destò di colpo, uscì dalla sua cuccia in giardino e cominciò ad abbaiare con una certa veemenza all'alone azzurro-rosso-giallo che si vedeva oltre la cresta del monte, contro il quale, il profilo seghettato della cima si stagliava nero come la bocca super dentata di un' orribile creatura che si fosse svegliata anche lui dal botto.
    Il forte rumore penetrò attraverso le persiane e le ante semi-chiuse della finestra che dava luce alla camera da letto dove Stefano Aloisi e Annamaria Di Gennaro riposavano dopo una giornata di lavoro. Quando Annamaria si destò e guardò l'orologio, questo segnava le 3 di notte.
    E la donna ebbe un cattivo presentimento.
    Si alzò e andò ad aprire la finestra. Presto, il presentimento si trasformò in amara previsione.
    Avrebbe dovuto tornare in ospedale. Morti, o feriti gravissimi, in arrivo.
    Anche Stefano si svegliò e la raggiunse alla finestra.
    Insieme convogliarono gli sguardi in direzione della montagna di fronte, dietro la quale sembrava essersi acceso un incendio che però pareva anche essersi già ridimensionato.
    Annamaria sospirò.
    "Nemmeno stanotte si dorme" constatò, rassegnata.
    Infatti, dopo pochi istanti, il suo orologio emise il classico bip del cerca-persone.
    I due si guardarono alla luce del bagliore e Stefano scrutò serio sua moglie.
    Annamaria tornò al letto e cominciò a vestirsi.
    "Speriamo che non sia troppo grave" si limitò a commentare il marito.
    "Grave o non grave, devo andare. Lo sai" asserì, senza tuttavia tono di lamento.
    Stefano baciò Annamaria e lei, una volta vestita, uscì di casa aprendo nel frattempo il garage con un comando dell'orologio.
    Federico, il terzo dei loro figli, uscì dalla sua stanza e incontrò suo padre.
    "Che è successo?" chiese, assonnato.
    "La mamma deve andare al lavoro. - spiegò l'uomo - Ma sarà una cosa breve. Torna a dormire" e nel dirlo, abbracciò il bambino e lo accompagnò nella sua camera.
    Non sapeva perché, ma sentiva che invece non sarebbe stata una cosa molto breve.
    Ciò nonostante, non aveva idea di cosa fosse capitato nella cittadina di cui era sindaco e, al momento, non aveva sentore dell'evento incredibile di cui il paese sarebbe stato protagonista nelle settimane successive.
    Qualche ora dopo, nel suo ufficio di primo cittadino, Stefano era pronto ad affrontare una nuova giornata di lavoro, ignaro di cosa avrebbe dovuto ulteriormente fronteggiare nelle ore e nei giorni che seguirono.
    La cittadina che amministrava si trovava in una splendida e soleggiata conca verde chiusa da una corona di montagne dalle cime nude ed aguzze, in un paesaggio che, visto dall'alto dava l'idea di essere capitati nel classico villaggio da favola o da cartolina natalizia, con le casette di massimo due piani, in pietra, legno e intonaco bianco, i tetti a punta e i balconcini da cui scendevano fasci di gerani colorati. Tuttavia, Stefano sapeva, per esperienza personale, che quel paradiso in terra nascondeva in realtà tensioni latenti fra la comunità teutonica e quella italiana, più numerosa, trasferitasi in parte lì dopo i fatti accaduti un secolo prima.
    Lui era nato nella cittadina e da 45 anni ci viveva, ora con la sua numerosa famiglia composta da lui stesso, la moglie Annamaria e i quattro figli nati dalla loro unione, ma i suoi genitori e i suoi avi erano emigrati in quel luogo parecchio tempo prima e, inizialmente, si erano scontrati con la comunità locale tedesca che, come ovvio, non li aveva accolti a braccia aperte. Malgrado questo, ma, forse, grazie alla sua mole (1, 95 m), nonché al suo carattere deciso, Stefano era riuscito a imporsi sugli "indigeni" di lingua germanica. Non era andato tutto liscio, la strada non era stata ancora completamente spianata, ma era stato accettato e, alle ultime elezioni amministrative, era stato eletto sindaco di Grindewald anche dai tedeschi.
    A dispetto che fosse un venerdì mattina, un dipendente del Comune in divisa entrò nell'ufficio per annunciare a Stefano che quella notte, in un locale della città era scoppiata una rissa fra autoctoni e Italiani dalla quale un certo numero di avventori era uscito con varie ammaccature, molto alcool e una discreta quantità di rabbia in corpo. Con un sospiro tranquillo, Stefano ordinò all'uomo di chiudere il locale, almeno per la sera seguente, andare all'ospedale e ascoltare le testimonianze dei presenti, nonché dei partecipanti attivi alla rissa, quindi, di tornare poi in ufficio per riferire la dinamica dei fatti, sebbene non gli fosse difficile immaginare come sicuramente questi si erano svolti.
    Solita storia. Anche dopo anni, qualche indigeno ancora mal tollerava l'invasione italiana della sua quieta cittadina svizzera. Ma quando il graduato tornò in ufficio per conferire con lui, il suo volto chiaro di uomo nordico, caratterizzato dai capelli biondi e dagli occhi azzurri, era ancora più chiaro, quasi cadaverico, e gli occhi erano sgranati. Turbato, Stefano chiese spiegazioni e la risposta, confusa, fu ancora più preoccupante.
    "Signor sindaco, - balbettò quasi l'uomo - l'ospedale è in assetto di grave allarme. Non mi hanno fatto entrare. Si sospetta un'epidemia, ma non ho capito di cosa!".
    Il pensiero di Stefano andò velocissimo alla moglie, primario al nosocomio comunale, e si fece ulteriormente più pesante, dopo il tentativo ripetuto e inutile di chiamarla con il telefono incorporato all'orologio. Riuscì a mantenersi calmo, almeno all'esterno, ma sentì il cuore fare le capriole. Questo nuovo allarmante evento aveva a che fare con ciò che lui e Annamaria avevano visto durante la notte? I nuovi tentativi di contattare la consorte, andati a vuoto, incrementarono la paura. Per mettere d'accordo la popolazione, il vice sindaco era tedesco, ma non si trovava in giro, sicché Stefano chiese all'uomo in divisa di andare a cercarlo, pregandolo, una volta trovato, di recarsi subito nel suo ufficio. Nella comunità tedesca, c'era anche chi amava Stefano per quello che era, riconoscendogli i suoi pregi di autentico leader e ottimo conduttore di un'amministrazione non facile.
    L'ufficiale di Polizia montò in macchina e si avviò, spedito, in direzione di uno dei probabili luoghi in cui sapeva avrebbe trovato la "spalla" del sindaco. E infatti lo trovò proprio lì, in un locale, in cui stava consumando la colazione a base non di cappuccino e dolcetto, ma di birra e salsicce. E a giudicare dal colorito rosa acceso del volto paffuto, non era alla prima pinta. Con modi gentili, ma fermi, invitò il secondo cittadino a raggiungere subito il luogo di lavoro. Stancamente, e borbottando, il vice sindaco lasciò il grosso boccale di ceramica bianca dipinta a mano con paesaggi del posto, depositandolo sul bancone con fare seccato, pagò alla cassa e uscì dalla birreria, seguìto dal graduato che non lo perse mai di vista finché non lo vide entrare nella palazzina del municipio.
    Il panico travolse quasi Stefano quando, arrivato all'ospedale, non fu possibile neppure a lui entrare.
    Di Annamaria e dei suoi colleghi, nessuna notizia. Erano "ostaggi" all'interno dell'edificio.
    Ma dopo un'ora circa, Annamaria comparve, piccola, affacciandosi all'apertura, in mezzo alle due grosse ante della porta in fondo al corridoio dove lui si trovava, all'imbocco. Vedendolo, corse verso di lui e si abbracciarono. Indossava ancora il camice da chirurgo, si stava togliendo i guanti ed aveva abbassato la mascherina sulla gola. Quell'atto rassicurò Stefano di molte tacche. Se lo abbracciava, voleva dire che non era infettata da qualche misterioso e pericolosissimo virus vagante.
    "Allora non è epidemia! - constatò Stefano, rincuorato, stringendo le spalle della sua donna - Non ci sono malattie gravi in circolazione".
    Il volto mediterraneo della moglie era pallido, ma non eccessivamente sconvolto. L'espressione dei suoi occhi scuri era di stupore, mista a preoccupazione per qualcosa di certamente serio e, più che altro, sconcertante.
    "Ti dico tutto a casa, stasera. - tagliò corto la donna - Adesso non posso parlare".
    "Cosa devo fare io?" chiese Stefano, invece più agitato.
    "Niente. - rispose Annamaria - Continua pure il tuo lavoro. Stasera ti racconto tutto, Ora, meno sai, meglio è" e nel parlar così, lo baciò con dolcezza e passione confermando in questo modo l'assoluta assenza di eventuale pericolo di contagio.
    Per quanto incuriosito al massimo, Stefano si sentì più rasserenato e, insieme con lei, si avviarono verso la prima macchina erogatrice di caffè. Il personale del nosocomio si aggirava, frettoloso per i corridoi dell'edificio senza però risparmiare un saluto riverente, seppur rapido, alla prima coppia della città e Stefano, dal canto suo non negò ad alcuno un breve inchino della testa sorseggiando il caffè che lui e Annamaria avevano pazientemente insegnato alla popolazione locale a fare secondo la ricetta italiana ovvero: forte, concentrato e aromatico.
    Vedere i due insieme strappava un sorriso di compiacimento ma anche di sottile, bonaria, ironia.
    Fra marito e moglie c'erano almeno trenta centimetri di differenza in altezza. Benché abbastanza magro, Stefano era un colosso fisico, un armadio a tre ante, con un viso largo e squadrato, addolcito però da un perenne velo di barba castana, come i capelli che gli coprivano per intero il collo, e irradiato da un paio di begli occhi grigio verde, di taglio leggermente allungato, acuti e indagatori. Annamaria era minuta, con capelli castano scuro lunghi, ora raccolti nella cuffietta dell'uniforme ospedaliera e gli occhi grandi e scuri come i capelli, dall'espressione dolce e intensa, che illuminavano un viso rotondeggiante dai tratti regolari da cui sporgeva il naso lievemente aquilino. Annamaria era medico ed era riuscita ad entrare a lavorare nell'ospedale della città grazie all'aver salvato la vita al figlio più piccolo di un notabile di lingua tedesca del luogo, colpito da un'improvvisa quanto misteriosa forma di meningite. Forse era stato anche questo episodio che aveva favorevolmente contribuito all'accettazione della comunità italiana nella rigida e diffidente comunità germanica.
    Finito di sorbire il caffè, i coniugi si salutarono ed ognuno tornò alla sua mansione, ma per Stefano non fu facile riprendere a svolgere il suo incarico con i pensieri che andavano alla moglie e al mistero che avvolgeva la struttura sanitaria della città in quelle ore.
    Quando Stefano rientrò in ufficio, la palazzina comunale, bianca, di soli tre piani, con decori geometrici in legno era circondata dalla cittadinanza che, malgrado lo sforzo congiunto del vice sindaco e dell'ufficiale di polizia di rassicurarla, aveva riempito la piazzetta antistante, per chiedere delucidazioni sulle voci che avevano cominciato a circolare a proposito di ciò che stava accadendo all'ospedale. Quella notte non solo Stefano e Annamaria avevano sentito il boato e avevano visto il bagliore quasi diurno illuminare il retro della montagna e volevano saperne di più,
    "Tranquilli, amici! - tuonò Stefano in perfetto tedesco, salito sull'ultimo scalino davanti alla porta d'ingresso. - La situazione è meno grave di quanto si fosse immaginato all'inizio e tutto è sotto controllo. Potete tornare a casa e riprendere le vostre attività. Vi terremo informati sugli sviluppi".
    Detto ciò, rientrò nell'edificio e raggiunse la sua postazione di lavoro. Inutile dire che i cittadini non lasciarono subito la piazza rimanendo lì a raccontarsi e a commentare gli eventi.
    Oltre ad essere una piccola città, per la sua collocazione, e per le conseguenze di ciò che era avvenuto tempo addietro, Grindewald era isolata dal resto del mondo e, da allora, per i suoi abitanti ciò che importava maggiormente era solo ciò che succedeva all'interno della conca fra i monti nella quale era distesa. Di quel che accadeva al di fuori, nel pianeta, da tempo lì non giungevano più informazioni o notizie. Per caso o di proposito? Pertanto, i compiti del primo cittadino, spartiti poi fra i vari assessorati, erano di mantenere l'ordine, far quadrare i conti fra spese e ricavi, celebrare matrimoni, registrare morti e nascite e, periodicamente, organizzare feste e sagre.
    Pochi minuti dopo essersi reinsediato al suo posto, Stefano fu, appunto, disturbato da una coppia mista - un italiano e una tedesca - che gli chiesero di sposarli. Finito il pacifico tumulto per l'arcano in ospedale, la normalità si ristabilì apparentemente in quel piccolo paradiso in terra.
    Nessuno degli abitanti ebbe il minimo presentimento che qualcosa, invece, stava per cambiare.



    Sera

    Finalmente Annamaria, sfinita, varcò la soglia di casa, accolta da Stefano, in fibrillazione, dopo essere riuscito faticosamente a convincere i suoi figli più piccoli: Federico e Annalisa di sei e tre anni, ad andare a letto. Decisero di attendere e assicurarsi che tutti e quattro i loro ragazzi fossero sprofondati nel sonno e si ritirarono anche loro nella loro stanza. Stefano non stava più nella pelle per conoscere i segreti del mistero che Annamaria gli aveva accennato in ospedale e Annamaria non sapeva invece da dove cominciare a raccontare. Non si poteva definire scioccata, ma era ugualmente scossa dall'evento.
    "Sono....tutti morti?" azzardò Stefano, quasi timoroso di una conferma.
    "No. - rispose sorprendentemente Annamaria - Beh... - proseguì poi, costernata - Tre sono gravi e non sappiamo se ce la faranno; due sono in prognosi riservata, ma nutriamo qualche speranza e uno sembra se la sia cavata con qualche costola rotta ma....".
    "Ma?" la incalzò Stefano, trepidante.
    Annamaria scosse la testa, molto esitante.
    "Non so come dirlo" continuò.
    "Dillo, semplicemente" la incoraggiò il marito.
    Annamaria sollevò il viso e guardò il consorte negli occhi.
    "Non sono dei nostri" rispose, espirando come per liberarsi di un peso.
    Si sentì sondata dagli occhi grigio verdi di Stefano che le scavarono nell'anima fino ai meandri più reconditi.
    "Cioè? - chiese maggiori lumi lui, assumendo il tono di chi sta sul chi vive, con le ciglia aggrottate - Non sono del paese? - Annamaria negò - Vengono da un'altra zona della Terra?" Annamaria negò ancora.
    Stefano sentì di toccare la soglia dell'allarme rosso. Annamaria annuì.
    "Hanno la pelle color bianco perlaceo, - specificò - e...il sangue blu". Vide gli occhi del marito ingrandirsi oltre misura.
    "Alieni?" esclamò. Annamaria gli fece cenno di abbassare di molto il volume della voce.
    "A meno che l'inquinamento sul pianeta non abbia raggiunto livelli tali da apportare simili modifiche al DNA umano, non risulta che sulla Terra ci siano popolazioni con queste caratteristiche" commentò.
    "Oh cazzo!" se ne uscì Stefano strappando un sorriso alla consorte che pur non amando molto il turpiloquio, trovò, in questo caso, l'esclamazione, divertente.
    "Già" confermò lei, sorridendo ancora.
    "E... - balbettò Stefano - come sono?".
    "Come noi, Stefano. - rispose lei - Due braccia, due gambe, due occhi.... E sono belli. Non sono mostricciatoli con la testa grossa, il corpo piccolo o le antenne come li abbiamo visti in certi film di fantascienza piuttosto stupidi".
    "Dio ci ha creati tutti a sua immagine e somiglianza. - commentò Stefano, fissando, ieratico, un punto lontano oltre le spalle della moglie - Non solo sulla Terra.... - Se è vero, - proseguì, serio - e se....Dio esiste veramente.....ancora" concluse.
    In qualità di sindaco, Stefano era autorizzato a celebrare matrimoni, ma non era il suo ruolo il solo motivo. Da anni non venivano più celebrati matrimoni religiosi in chiesa perché....da anni non c'erano più sacerdoti a celebrarli e le chiese erano chiuse.



    Poiché in questi ultimi giorni ho qualche difficoltà con Internet, dovete scusarmi se non sarò presente tutte le sere. Ecco perché ho postato una puntata così lunga.
    Spero vi sia piaciuta.



    Alla prossima, Internet e altro permettendo. :)
     
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    Davvero una bella puntata ^^ Finalmente sono riuscita a recuperarla, in questi giorni sono parecchio incasinata.
    Questo spezzone poi tutto nuovo, che porta l'attenzione da tutta un'altra parte è una mossa vincente. Incuriosisci sempre di più. Ora chi saranno gli esseri? Sono quelli a cui Heron era stato costretto a sparare? Comunque bravissima anche nelle descrizioni, mi sembrava di essere proprio lì e di vedere stefano e annamaria in carne e ossa!
    Non vedo l'ora di leggere il continuo, brava!
     
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  4. sahany09
     
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    Grazie Bea. :) Il continuo arriverà senz'altro e abbastanza presto, rete permettendo. E ti assicuro che non sarà da meno di quel che hai letto finora. Devo solo risolvere alcuni inconvenienti tecnici di comunicazione che riguardano un pò la zona dove abito. Spero di ritornare operativa al 100% quanto prima. Tu resta sintonizzata, Ok? Gabrieeeeeeellle ? Dove sei finita?
    A presto, ragazze !!! :)
     
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  5. sahany09
     
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    Rieccomi con la ff.
    Pare che la comunicazione Internet sia ripresa e altre cose siano in via di sistemazione, almeno temporanea. Vedremo. Comunque, stavolta la puntata include 2 capitoli non molto lunghi.
    Nel primo si cambia di nuovo scenario, ma sempre sulla Terra; nel 2o si scopre chi si è schiantato sulla montagna....ed è andata fin troppo bene !!


    TRASH - SPAZZATURA





    6) STRANI MOVIMENTI





    Terra: nei paraggi dell'Area 51

    Il drone sorvolò, con un lieve e regolare ronzio, la spianata, bruciata da un Sole implacabile, di quell'angolo di pianeta che sembrava sgombro da qualunque tipo di detrito, presente invece su molte altre aree del globo terracqueo, e l'apparente assenza di vita, registrata dal dispositivo, parve dare il via alle successive manovre di un mezzo pesante, ma volante, che atterrò su una pista ormai ricoperta di sabbia per svolgere la sua mansione.
    La nuvola sabbiosa si alzò e coprì la visuale per un minuto circa per poi dissolversi e ridiscendere pacifica sul terreno lasciando chi di dovere a compiere le manovre del caso. Il grosso veicolo spalancò verticalmente la sua gigantesca bocca e da essa uscì tutto ciò che costituiva fastidio ed ingombro per coloro che erano arrivati fin lì a sbarazzarsene: ferraglie, qualsiasi prodotto di scarto di qualunque materiale e perfino rifiuti organici.
    Ma quei movimenti e quel baccano non passarono inascoltati e, dal nulla, un manipolo di cinque individui, abbigliati con tute mimetiche, e con grosse armi da fuoco fra le mani, fecero la loro silenziosa comparsa piazzandosi a gambe divaricate e atteggiamento sprezzante al cospetto della squadra di operatori ..... ecologici i quali si fermarono, sbigottiti, a guardarli.
    "Oh no! - esclamò a mezza voce uno di loro - Anche qui".
    "Già. - fece uno dei cinque, con un sorriso cattivo - Noi siamo ovunque la nostra presenza sia necessaria. E direi che questo sia uno dei casi, non trovate?".
    "No" rispose, secco, un membro dell'equipaggio del veicolo di scarico.
    "Mmmm.... - muggì il primo individuo armato e mimetizzato che aveva parlato - Da qualche parte mi pare di aver letto e capito che questo è terreno privato, quindi lo scarico non è legale a meno che non si abbiano permessi speciali".
    "Perché? - ribatté un altro del mezzo di scarico - Tu ce l' hai il permesso? A me non sembra. Che vuoi da noi?".
    "Se tenete ad avere il permesso noi potremmo anche farvelo avere. - replicò l'uomo armato - Con uno scambio vantaggioso".
    "Per voi criminali!" protestò vivacemente il primo scaricatore.
    "Anche per voi, idiota" protestò il tizio armato, tornando serio, e in tono duro.
    "Certo. - si ribellò il secondo scaricatore - Ci dobbiamo rivendere il cargo per pagare la vostra gentile concessione. Ma va' all'inferno!".
    "Inferno? - ripeté il malvivente, sarcastico - Non esiste".
    "Per te, e per tutta la tua razza, esiste. - rispose lo scaricatore - Ne abbiamo creato uno apposta per voi proprio ora" e nel dirlo premette un pulsante a destra del suo orologio da cui scaturì un sottile raggio blu che andò a colpire il rompiscatole in mezzo al torace, spedendolo qualche metro indietro sul terreno.
    Uno degli altri cinque sparò col suo mitra vintage e colpì a morte uno degli scaricatori. L'altro si era già andato a rifugiare rientrando nel veicolo e lo stava per chiudere quando tutta l'area sotto i suoi piedi, e sotto il mezzo di trasporto, cominciò a vibrare intensamente e poi a tremare nel tipico moto ondulatorio di un fortissimo sisma. I quattro delinquenti rimasti in piedi videro il terreno su cui sostavano aprirsi letteralmente ma in modo anomalo. Il suolo, infatti, non si spaccò creando crepe serpeggianti, classiche delle conseguenze di un terremoto, ma si aprì in un unica lunghissima faglia dritta e il terreno iniziò a sprofondare con un boato terrificante trascinando tutto ciò che vi era sopra in una enorme voragine che ingoiò qualsiasi cosa vivente e/o non.







    7) IL RISVEGLIO



    Grindewald, tre giorni dopo l'incidente

    Elai Heron teneva Al per mano e Al guardava suo padre con ammirazione e paura.
    Lo vedeva alto e grande. Un gigante severo ma buono che lo stava però conducendo dentro una foresta di fiamme le cui lingue rosse e gialle dalle punte azzurre danzavano minacciose davanti ai suoi occhi formando a tratti sagome di volti umani terrificanti e terrorizzati che, ad un certo punto, cedevano il posto, svanendo, all'apparizione di una croce con la parte inferiore dell'asse centrale più lunga rispetto a quella superiore.
    E come sempre accadeva, Al Heron si svegliò in un bagno di sudore e....di dolore!
    Aprì gli occhi e non riuscì a capire dove si trovasse. Il soffitto sopra di lui aveva pieghe e riflessi argentei e quasi tutto il suo viso era coperto ed imprigionato da un aggeggio morbido che si muoveva seguendo il suo respiro. Tuttavia, pur essendo regolari, inspirazione ed espirazione gli provocavano fitte acute a tutto il torace. Cosa gli era successo? Perché sentiva male dappertutto? Gli venne spontaneo muoversi, ma il dolore gli gelò la spontaneità. Il secondo istinto fu di chiamare aiuto, ma anche quello gli morì nella gola arsa dalla sete. La situazione in cui versava non gli piaceva per niente e provò rabbia nel constatare che non avrebbe potuto cambiarla almeno nel tempo a venire. Inoltre, ripensando a suo padre, si ricordò che doveva vendicarlo.


    Era ora di pranzo e Stefano intravide una remota possibilità di incontrarsi con sua moglie e i suoi ragazzi per consumare finalmente, una volta ogni tanto, un buon pasto tutti insieme. Telefonò ad Annamaria la quale, anche lei ottimista nel vedere questa opportunità, fissò con lui un piccolo programma per i minuti successivi: lei sarebbe passata a prendere i due maschi a scuola; Stefano avrebbe prelevato Annalisa all'asilo. Flavia, la figlia maggiore, dodicenne, sarebbe uscita da scuola verso l'una per raggiungerli in un ristorantino non lontano dal municipio.
    Tutto andò secondo i loro piani fino all'ingresso al ristorante.
    In quel momento, Annamaria ricevette una chiamata urgentissima dall'ospedale da cui era uscita senza problemi circa un'ora prima. Uno dei pazienti "speciali" si era svegliato, era riuscito ad alzarsi dal suo letto ed ora stava minacciando altri pazienti ed alcuni operatori sanitari con un bisturi in mano e la ferma intenzione di usarlo se non avesse ottenuto ciò che chiedeva.
    Al suo ritorno nel nosocomio, entrando nella stanza nella quale era ricoverato, l'uomo si girò verso di lei e le lanciò un'occhiata così intensa che lei ne avvertì la profondità da lontano e, avvicinandosi a lui, non poté far a meno di notare il blu cobalto dei suoi occhi che la radiografavano fino al midollo.
    Fu invasa dall'imbarazzo, più che altro pensando a come avrebbe comunicato con lui. Senza lasciare il bisturi, il paziente si strinse la testa fra le mani, contraendo il viso in una smorfia di concentrazione e apparente, forte sofferenza, dopodiché, con sua grande sorpresa, le rivolse la parola nella sua lingua.
    "Perché avete ucciso mio padre? - accusò, accorato - Cosa aveva fatto?".
    Annamaria restò annichilita dallo stupore ma trovò la forza di rispondere:
    "Non abbiamo ucciso suo padre. - disse, sforzandosi di tenere i nervi e tutto il resto sotto controllo - Mi dispiace molto che sia stato ucciso, glielo garantiamo, ma non siamo stati noi e non sappiamo chi lo abbia fatto". In quel momento l'uomo, appoggiato con la mano libera alla sbarra di ferro ai piedi del letto, vacillò e si piegò in due, stringendo i denti, esibendo poi grosse difficoltà nel respiro. Tossì con violenza, sputando un rivolo di sangue bluastro - viola che gli scivolò dall'angolo della bocca, andando a macchiare la t - shirt bianca. In un attimo gli furono tutti addosso, lo bloccarono; una delle infermiere riuscì a strappargli il bisturi dalla mano, Annamaria fu pronta a prenderlo, a riportarlo nel suo letto coperto dalla tenda ad ossigeno e ad aiutarlo nel riadagiarcisi nel modo meno penoso che le fu possibile. Nel muoversi, Annamaria notò che soffriva molto. Il dolore alle costole rotte doveva essere terribile e lei si adoperò subito per risistemargli tutti i tubi collegati ai macchinari di sopravvivenza, compreso il respiratore di cui l'uomo dimostrava di averne un estremo bisogno. Constatato con soddisfazione che sarebbero stati in grado di capirsi, una volta ridisteso sul letto e col respiratore sul viso, lei gli parlò dolcemente convincendolo a rilassarsi e abbandonare per il momento ogni proposito di vendetta. L'imperativo era: riposarsi e stare tranquillo. Tutto si sarebbe risolto per il meglio. Era vivo. Dolorante, ma vivo, e questo era un mezzo miracolo, se di miracoli si poteva ancora parlare. In quell'attimo, nella stanza fece il suo ingresso anche un collega, del luogo, al quale lei si rivolse per avere alcune informazioni proprio sul miracolo.
    "La Scientifica ha effettuato i rilevamenti. - le annunciò il medico - Il veicolo col quale si sono schiantati sulla montagna è andato distrutto, ma le celle in cui erano chiusi, in un certo senso, li hanno salvati da morte sicura perché erano costruite con materiale ignifugo che ha impedito alle fiamme di propagarsi anche a quelle. Tuttavia, tre di loro sono ugualmente in condizioni molto gravi e non sappiamo ancora se sopravvivranno".
    "Perché a lui è andata meglio che agli altri?" chiese Annamaria, indicando col mento il paziente, potenziale omicida.
    "Perché è quello che è atterrato meglio di tutti. - rispose il medico - La sua cella non si è capovolta".
    "Ha riportato comunque delle fratture" osservò Annamaria.
    "E' il minimo che poteva capitargli. - commentò il collega - L'urto non dev'essere stato una bazzecola". Annamaria tornò a guardare l'uomo che ora sembrava essersi di nuovo addormentato.
    Addio pranzo con la famiglia, ma adesso la situazione si era normalizzata.
    Stefano la chiamò per essere ragguagliato sugli sviluppi della vicenda.
    "Tutto a posto. - rispose Annamaria, sedendosi, esausta sulla prima sedia che trovò - Stasera ti racconto" quindi chiuse telefonata e occhi, cercando anche lei di recuperare un filo di relax.


    Piaciuta la puntata? Spero di si, ma il meglio deve ancora venire.
    Alla prossima, abbastanza presto. :)
     
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    Sorry per il ritardo! Sono sempre impegnatissima ultimamente, causa lavoro.
    Davvero una bella puntata! Al solito rilasci pochi indizi per creare suspance, così non fai altro che incuriosirmi di più!
    Non vedo l'ora di leggere il continuo :)
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    Io sono una cercatrice del mistero e del paranormale, viaggio nel cuore della notte e caccio i vostri incubi..Vivo tra le tenebre e una nuova alba

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    Sahany sono qui, sta tranquilla ^_^ Impegni di ogni sorta e di ogni materia mi pretendono, ma non mi sono affatto dimenticata la tua storia :-) Poi ho anche la mia storia che languisce sola soletta e vuole un pò di attenzione da parte mia :-p Allora a parte i miei deliri mentali, ho trovato gli ultimi capitoli davvero denso di adrenalina e di emozioni, sei bravissima a creare scenari fantascientifici, posso notare con orgoglio e fierezza quanto tu sia appassionata di queste cose e come stai cercando di trattarle al meglio, questa situazione sta praticamente mandando in confusione tutto quanto e sono curiosissima di sapere cosa succederà dopo ^_^ Ho potuto notare come dal punto di vista stilistico tu abbia optato per lo stile commedia, ciò che le cose iniziano male, per poi pian piano svolgersi per il meglio e questa è una delle cose che mi colpisce nella tua storia, oltre alla tua incommensurabile bravura ^_^ Ah e sono rimasta colpita dall'avvenenza di Stefano :wub: Ti confesso che quando ho letto Grindewald, ho pensato subito a Harry Potter...se non mi ricordo male mi sembra che ci sia un personaggio con questo nome ^_^
    Bravissima, i miei complimenti
     
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  8. sahany09
     
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    Beabea92
    Sorry per il ritardo! Sono sempre impegnatissima ultimamente, causa lavoro.
    Davvero una bella puntata! Al solito rilasci pochi indizi per creare suspance, così non fai altro che incuriosirmi di più!
    Non vedo l'ora di leggere il continuo :)
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    Gabrielle Winchester
    Sahany sono qui, sta tranquilla ^_^ Impegni di ogni sorta e di ogni materia mi pretendono, ma non mi sono affatto dimenticata la tua storia :-) Poi ho anche la mia storia che languisce sola soletta e vuole un pò di attenzione da parte mia :-p Allora a parte i miei deliri mentali, ho trovato gli ultimi capitoli davvero denso di adrenalina e di emozioni, sei bravissima a creare scenari fantascientifici, posso notare con orgoglio e fierezza quanto tu sia appassionata di queste cose e come stai cercando di trattarle al meglio, questa situazione sta praticamente mandando in confusione tutto quanto e sono curiosissima di sapere cosa succederà dopo ^_^ Ho potuto notare come dal punto di vista stilistico tu abbia optato per lo stile commedia, ciò che le cose iniziano male, per poi pian piano svolgersi per il meglio e questa è una delle cose che mi colpisce nella tua storia, oltre alla tua incommensurabile bravura ^_^ Ah e sono rimasta colpita dall'avvenenza di Stefano :wub: Ti confesso che quando ho letto Grindewald, ho pensato subito a Harry Potter...se non mi ricordo male mi sembra che ci sia un personaggio con questo nome ^_^
    Bravissima, i miei complimenti

    Grazie ragazze !! :) Non preoccupatevi. Siamo tutte, chi più, chi meno, belle incasinate con la vita quotidiana, quindi, è logico che i tempi di risposta siano quelli che sono. L'essenziale è che riusciate a seguire la storia. Io, bene o male, riesco a seguire le vostre. In qualche modo ci riesco.

    @Gabrielle: In Harry Potter c'è il personaggio di Voldemort, l'antagonista di Harry, lo stregone che gli ha ucciso i genitori e lasciato la famosa cicatrice a fulmine, in fronte. Forse Grindewald ti ha ricordato, come suono, il suo nome. In questo momento non me vengono altri simili. Pure io, ormai, sono un pò....suonata !! :)
    P.S. l'avvenenza di Stefano ti ricorda qualcuno? Altissimo, robusto ma non grosso, capelli castani lunghi che coprono il collo, occhi grigio-verdi.......:rolleyes:

    Posso andare avanti?


    Puntata di stasera.
    Innanzi tutto c'è un capitolino che termina il capitolo della puntata scorsa, poi, altri due capitoli non eccessivamente lunghi: uno ambientato nella famosa Area 51, e l'altro nell'ospedale, a Grindewald. Non vi dico altro.



    TRASH - SPAZZATURA




    Conclusione del capitolo precedente IL RISVEGLIO



    Sera

    Quando rientrò, Stefano vide sua moglie più stanca del solito e se ne preoccupò.
    I ragazzi erano già nel mondo dei sogni e lui la trascinò subito in camera da letto dove ambedue si sedettero sul letto, Stefano ansioso di sapere. Annamaria gli raccontò la giornata. Al termine, Stefano si tirò nervosamente i capelli indietro infilandosi le lunghe dita fra essi e accennando una risata tesa.
    "Porca puttana! - esordì a mezza voce - I tedeschi e i nostri che se le danno di santa ragione, il mio vice, semi alcolizzato, che va a birra invece che a caffè, la festa da organizzare a fine mese e adesso ci mancavano gli alieni vendicativi! E se ce ne fossero altri sulla Terra? Se stessero preparando un'invasione?..."
    "Ehi, ehi, ehi, Spielberg! - lo ridimensionò Annamaria ridacchiando - Non crearti saghe cinematografiche dove non ci sono! Secondo me, quel tipo è da solo, a parte il resto del suo equipaggio che non si sa ancora se sopravvivrà. Ha parlato soltanto di suo padre che forse è stato ucciso sulla Terra, ma non si sa dove". Stefano si calmò, poi si bloccò e fissò la moglie.
    "Hai detto Spielberg?" disse.
    "Si, - rispose Annamaria, sorpresa - perché?".
    "Chi è Spielberg?" chiese, sospettoso.
    "Uno che forse faceva film" rispose Annamaria.
    "Come lo sai?".
    "Qualche sera fa, in un momento di pausa, mi sono messa a guardare la tv e andava in onda un film firmato da lui. Parlava di alieni".
    Stefano strinse le spalle della donna e la guardò intensamente.
    "Annamaria, - attaccò, sentendo la sua mente lavorare con alacrità - il nostro pianeta ha un passato e noi non ne sappiamo niente. Perché?".
    "E lo chiedi a me, a quest'ora?" rispose Annamaria, ironica.





    8) AREA 51


    Terra

    Si risvegliarono a scadenza di pochi secondi l' uno dall'altro e, aperti completamente gli occhi, si trovarono in un vasto ambiente in fondo al quale intravidero alcuni macchinari. Provarono a muoversi ma, a parte la spiacevole e dolorosa sensazione di non aver più un osso sano in corpo, si videro legati, fino all'immobilità, su poltroncine disposte in riga ad una certa distanza l'una dall'altra. I cinque uomini si scambiarono occhiate e l'aria dell'intero vano parve riempirsi di punti interrogativi.
    Dov'erano?
    Cos'era successo prima?
    Com'erano arrivati lì?
    Tre ottime domande alle quali, al momento, non sembrava esserci risposta.
    Tuttavia, dopo pochi minuti, da probabili ed invisibili ingressi laterali, esseri umani in uniforme grigio-verde fecero la loro comparsa come fossero entrati in una sorta di palcoscenico e si fermarono davanti a loro, a gambe leggermente divaricate, guardandoli con apparente poca curiosità, quasi li avessero attesi, quasi avessero saputo che prima o poi sarebbero arrivati.
    Infatti, pochissimi secondi dopo, uno di essi parlò.
    "Buon giorno. - salutò Steve Forrest, con una certa spocchia. Gli ospitati (Prigionieri? Ostaggi?) lo fissarono all'unisono, allocchiti, non avendo capito la parola appena pronunciata e non seppero come rispondere - Benvenuti. - proseguì Forrest - Allora....avete finito di scaricare le vostre porcherie sul nostro suolo?".
    Altro scambio muto di occhiate interrogative nel gruppo dei legati alle poltrone, dopodiché, col mento, Forrest fece un segno a Edwards di andare in fondo alla stanza. Quello ci andò e smanettò con un macchinario, il che produsse un paio di effetti: un'improvvisa, fortissima quanto fortunatamente breve emicrania ai malcapitati e, da quel momento, in poi, la possibilità di capirsi fra i presenti nella stanza.
    "Pensavamo che questo pianeta fosse disabitato.- si giustificò uno dei prigionieri - Le nostre mappe non mostravano segni di vita".
    "Mmmm ... muggì Forrest - su questo potreste anche aver ragione. - convenne poi - A dirla tutta, ora siamo un pò di meno...".
    "Parecchi di meno" osò interloquire Hardings, vicino a Forrest.
    "Non serve sottilizzare troppo, Hardings. - lo riprese Forrest - Il punto è che questi non hanno alcun diritto di insozzare la zona solo perché non ci vedono camminare nessuno sopra".
    "Ehi - fece un altro prigioniero - Ci sono altre zone del vostro pianeta piene di immondizia".
    Stavolta lo scambio di sguardi interrogativi si scatenò fra gli uomini della base.
    In realtà, il poco simpatico traffico di smaltimento rifiuti sulla Terra era cominciato da non molto tempo, forse una decina d'anni. Fino ad allora, la Terra era stata semplicemente e completamente isolata ed ignorata da qualunque rotta di qualsivoglia viaggiatore spaziale, anche occasionale. Solo Beta 1, bisognoso di spazio per liberarsi dall'eccesso di spazzatura, e Ariel, in cerca di minerali per continuare a vivere, avevano intercettato la Terra come meta per soddisfare i loro rispettivi scopi, trovandola per l' appunto deserta e disabitata.
    Senza dimenticare il CLAN, l'accozzaglia di malavitosi di cui alcuni provenienti, forse, anche da altri mondi poco noti.
    Almeno per ora.
    Sentendoli atterrare sulle loro teste, gli uomini dell'Area 51 si erano limitati a provvedere alla pulizia della zona senza conoscere la situazione di altre zone del pianeta, e l'informazione appena avuta giungeva nuova anche perché, in seguito agli eventi di un secolo addietro, comunicare con il resto del globo era diventato, chissà per quale strano motivo, molto difficile.
    Oltre a ciò, nelle operazioni di ripulitura, lo staff dell'Area aveva trovato molto materiale interessante e utile alle proprie ricerche e sperimentazioni. Ma in tutto il rimanente della Terra, se lo si sorvolava, ci si trovava sotto, larghissimi tappeti di ogni mal di dio.
    "Ma che è successo al vostro mondo?" chiese uno di coloro che erano atterrati proprio per svuotare i magazzini di Beta 1.
    "Piacerebbe anche a noi saperlo" rispose Forrest che, in effetti, non lo sapeva.
    Per un'altra arcana ragione, degli eventi di un secolo prima non sembrava essere rimasta pressoché alcuna testimonianza neppure archiviata in qualche antico hard disk, come se si fosse volutamente cancellare un'epoca per non richiamarla mai più e ricominciare da zero con una nuova era. Ma la nuova era non aveva corpo, né ancora un'identità precisa. Molti dei sopravvissuti sulla Terra non sapevano dell'esistenza in vita di altri, raggruppati in altre piccole comunità sparse ai quattro angoli del mondo.





    9) IL PIACERE DI POTER COMUNICARE


    Terra: Grindewald, cinque giorni dopo.


    Al Heron sognò di nuovo il fuoco ma al risveglio non provò né paura, né tanto meno dolore.
    Si svegliò e basta, tuttavia, intorno a lui il panorama non era cambiato di molto. Sopra la sua testa brilluccicava ancora il soffitto argenteo e il suo viso era sempre semi-coperto da qualcosa di morbido e gommoso che pareva dare un buon contributo alla sua respirazione, ma che gli stava portando una sete da deserto.
    Proprio in quel momento, la tenda che lo circondava si scostò e in mezzo ai due lembi si affacciò un volto piacevole da vedere: un volto, i cui occhi grandi e scuri si allargarono ancor di più, e una mano che maneggiò sopra il suo naso con l'arnese morbido che gli copriva il viso, liberandolo finalmente da esso. Heron guardò quel volto e Annamaria guardò il volto dell'uomo notando con stupore un particolare: il colorito della sua carnagione sembrava essere cambiato passando da una tonalità pallida, decisamente perlacea, ad una di un paio di nuances più rosea.
    Lo salutò con un bellissimo sorriso.
    "Buon giorno. - la sentì dire con una gradevole voce argentina - Come si sente? Meglio, spero".
    Provò a girarsi più verso di lei. Una fitta lo trafisse al torace, ma riuscì ugualmente nell'intento.
    Tentò di rispondere, annuendo con la testa e poi usando le parole.
    "Ho sete. - implorò quasi - E si. - proseguì - Sto meglio. Grazie".
    Annamaria aprì completamente la tenda, alzò la parte superiore del letto e offrì da bere al paziente un grosso bicchiere colmo d'acqua. Heron bevve con avidità e ne chiese ancora. Era buona, fresca; l'apprezzò molto e lo espresse a voce, quindi si guardò intorno.
    "Dove sono? - domandò - Dove sono gli altri? Sono in Paradiso, forse? Esiste, allora?".
    Annamaria sorrise.
    "Mi è stato detto di no, - rispose, dolce - ma si trova comunque al sicuro, dove nessuno farà del male a lei e ai suoi amici".
    "I miei compagni! - sussurrò lui, agitandosi - Stanno bene? Sono vivi?".
    Annamaria lo informò di tutto parlandogli sempre con soavità, ma quando Heron seppe degli altri componenti del suo equipaggio chiuse gli occhi e, palesemente avvilito, si lasciò andare sul letto.
    Il suo primo pensiero andò a Granya Addok, suo vice, e anche altro per lui.
    "Ricorda qualcosa di quel che le è successo?" chiese Annamaria.
    Ecco. Quello era il punto davvero dolente. Più dolente delle fitte al torace. Ricordava un gran colpo di coda all'astronave, una fortissima accelerazione e poi più nulla. Forse aveva perso il controllo del veicolo. Forse erano lì, alcuni di loro in fin di vita, per colpa sua. Annamaria lo guardava nella sua afflizione. Era veramente bello: il volto fine, regolare; quell'incarnato chiarissimo che contrastava il colore pur sempre chiaro dei capelli, ma il cui confronto li faceva apparire scuri; i lineamenti delicati; gli occhi, quando li riaprì, blu cobalto, e infine le labbra, disegnate da un artista.
    L'uomo scosse la testa.
    "No" rispose, semplicemente lasciando intuire ad Annamaria che forse non voleva ricordare.
    Lei non insistette.
    "Non si preoccupi. - volle rassicurarlo - Adesso non è importante".
    "Veramente lo sarebbe" la contestò lui, educato.
    Annamaria sorrise.
    "Certo. - convenne - Capisco. Lo sarebbe. Ma dopo un incidente come quello che ha avuto lei e i suoi colleghi, dal quale è già un miracolo che siate usciti vivi, pretendere di ricordare è pretendere quasi l'impossibile. Non si angosci. Col tempo ricorderà".
    "Miracolo?" ripeté lui.
    "Oh! - fece Annamaria come fosse sbadata - Si. Lo so: i miracoli non esistono, ma come chiamerebbe lei uscire vivi da un impatto contro una montagna a velocità della luce, o quasi?".
    Annamaria si fermò un attimo a respirare la consapevolezza di parlare con un uomo che veniva da un altro mondo, credendo tuttavia di sognare, ma alcuni suoi colpi di tosse la riportarono alla realtà instillandole apprensione per lui e spingendola a prestargli immediato soccorso, rimettendogli il respiratore. Forse l'aria di Grindewald era dannosa per lui? Il cerca persone trillò avvisandola che qualcun altro aveva bisogno di lei. Lasciò Heron a malincuore. Le era parso di vedergli gli occhi lucidi. Sarebbe rimasta volentieri a confortarlo.


    Eh si !! Come si fa a non rimanere con lui cercando di recargli conforto?
    Pensate male, eh? ;) Ora Annamaria si prende una bella cotta per l'affascinante comandante alieno Heron. Ci sarebbe da immaginarlo ma io, nelle mie storie, non infilo intrecci amorosi a meno che questi non siano coerenti ed utili alla trama e questa non lo è. Anzi! Porterebbe il racconto fuori dai binari della vicenda senza peraltro giungere ad alcun esito. Ma sicuramente fra i due, così come fra lui e i Terrestri, nasceranno sentimenti positivi e, in futuro vedremo come e quali.

    Alla prossima, piuttosto presto, ma aspetto sempre che voi la leggiate con calma. :)
     
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    Eccomi!
    Belli i nuovi pezzi, mi rendi sempre più curiosa perchè rilasci solo piccoli cenni e particolari. E' ancora presto per tirare le somme, quindi voglio proprio capire dove arriverai con questa storia.
    Sinceramente non shippo Annamaria e Al Heron, perchè, da come scrivi, trovo lei molto innamorata del marito. E invece "l'alieno" sembra proprio preso da qualcun'altro :rolleyes:
    Complimenti! non vedo l'ora di leggere il continuo ;)
     
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  10. sahany09
     
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    Grazie Bea. :)
    Si, ribadisco: non metto storie d'amore extra ma l'amore fra due personaggi protagonisti: uno maschile e uno femminile può sempre esserci come c'era in Adam fra Adam ed Eva e come c'è qui fra Stefano ed Annamaria. In eventuali fictions future potrei anche inventare un menage à trois ma solo se avrà una funzione precisa e utile. Inserirla gratuitamente, solo per avere audience, non mi appaga. Stefano e Annamaria sono innamorati l'uno dell'altra come Heron è segretamente (ma poi non tanto) innamorato di Granya Addok suo vice nel comando dell'astronave. Purtroppo però Granya sta ancora piuttosto male, ma si riprenderà. Detto ciò la fiction prosegue però vorrei aspettare Gabrielle giacché le prossime puntate saranno piuttosto lunghe e dense di cose importanti. Qualche mistero comincerà pian piano ad essere svelato. Alla fine manca ancora un pò, ma qualcosa comincerà finalmente a trovare una spiegazione. Non posso trascinare i misteri per troppo tempo !! :). Quindi, speriamo che Gabrielle si faccia sentire presto. Altrimenti, al massimo domani posto un altro pezzetto poi, magari mi fermo un attimo per aspettarla.

    Dunque, a presto con una nuova, eccitante puntata. :)
     
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    Io sono una cercatrice del mistero e del paranormale, viaggio nel cuore della notte e caccio i vostri incubi..Vivo tra le tenebre e una nuova alba

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    Da Casa Winchester o dal Paradiso

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    Eccomi qui ^_^ *agita le manine per farsi vedere, sventolando una bandiera* Grazie Sahany per avermi aspettato ^_^ Allora che dire? Questa fanfiction è sempre più interessante, noto con piacere e stupore insieme quanto l'argomento fantascientifico è a te caro (come per me l'argomento mitologico è fondamentale ed essenziale) ho trovato divertente il battibecco tra Stefano (mi ricorda tanto Jared :wub:) e sua moglie AnnaMaria, molto azzeccato il riferimento a Steven Spielberg, molto intrigante lo scambio di battute tra gli uomini dell'Area 51 e i prigionieri, la rabbia dei primi per il fatto che la Terra sia stata trattata come pattumiera (della serie ci bastiamo già noi a rovinarla -.-) e lo stupore dei prigionieri per il fatto che si credeva fosse disabitata e prevedo scintille d'amore tra Annamaria e il bel comandante alieno, il quale mi ricorda un pò Castiel :mmm: Bravissima, i miei complimenti Ah per quanto riguarda Grindewald, mi sono ricordata...Grindewald in Harry Potter è il cognome di uno dei maghi oscuri prima di Voldemort, un tale Gellert Grindewald, il quale aveva recuperato uno dei Doni della Morte, ovvero la Bacchetta di Sambuco, la bacchetta invincibile...Ovviamente tuttro questo se la mia memoria non mi inganna ^_^

    Per quanto riguarda il nuovo capitolo di Stairway to Purgatory. purtroppo dovrai pazienzare un altro pò, il capitolo sta venendo un pò più difficile del previsto -.-. Come storia è leggermente più complicata rispetto alle sue precedenti e ho dovuto fare un resoconto di dove sono arrivata (avendo messo molta carne al fuoco) e fare uno schema...Ci tengo a fare le cose per bene e spero che il risultato sia ottimo o almeno decente. Scusami per il disagio e per la pazienza ^_^
     
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  12. sahany09
     
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    CITAZIONE (GabrielleWinchester @ 23/7/2014, 14:57) 
    Eccomi qui ^_^ *agita le manine per farsi vedere, sventolando una bandiera* Grazie Sahany per avermi aspettato ^_^ Allora che dire? Questa fanfiction è sempre più interessante, noto con piacere e stupore insieme quanto l'argomento fantascientifico è a te caro (come per me l'argomento mitologico è fondamentale ed essenziale) ho trovato divertente il battibecco tra Stefano (mi ricorda tanto Jared :wub:) e sua moglie AnnaMaria, molto azzeccato il riferimento a Steven Spielberg, molto intrigante lo scambio di battute tra gli uomini dell'Area 51 e i prigionieri, la rabbia dei primi per il fatto che la Terra sia stata trattata come pattumiera (della serie ci bastiamo già noi a rovinarla -.-) e lo stupore dei prigionieri per il fatto che si credeva fosse disabitata e prevedo scintille d'amore tra Annamaria e il bel comandante alieno, il quale mi ricorda un pò Castiel :mmm: Bravissima, i miei complimenti Ah per quanto riguarda Grindewald, mi sono ricordata...Grindewald in Harry Potter è il cognome di uno dei maghi oscuri prima di Voldemort, un tale Gellert Grindewald, il quale aveva recuperato uno dei Doni della Morte, ovvero la Bacchetta di Sambuco, la bacchetta invincibile...Ovviamente tuttro questo se la mia memoria non mi inganna ^_^

    Per quanto riguarda il nuovo capitolo di Stairway to Purgatory. purtroppo dovrai pazienzare un altro pò, il capitolo sta venendo un pò più difficile del previsto -.-. Come storia è leggermente più complicata rispetto alle sue precedenti e ho dovuto fare un resoconto di dove sono arrivata (avendo messo molta carne al fuoco) e fare uno schema...Ci tengo a fare le cose per bene e spero che il risultato sia ottimo o almeno decente. Scusami per il disagio e per la pazienza ^_^

    Tutto a posto Gabrielle. Sono felice che tu sia tornata così posso andare avanti.
    Riguardo Grindewald, si, può essere in effetti il personaggio del mago oscuro prima di Voldemort, ma in Harry Potter c'è talmente tanta gente che non me li ricordo tutti. Comunque, quando ho scelto questa cittadina come teatro per questa mia ff, non ho pensato ad Harry Potter, quindi è un caso, bensì al fatto che la conosco per esserci stata, ergo, mi ricordo proprio della città e la rivedo come se ci fossi stata ieri nonostante siano passati diversi anni da quando ci sono andata.

    Stefano ed Annamaria + Heron:
    Come ho detto a Bea, Heron non interferirà sul rapporto della coppia, ma si affezionerà ad Annamaria considerandola la sua salvatrice. Lui ama il suo vice Granya ed è disperato per lei perché non sa se si salverà a meno.

    Stefano: ebbene si. l' ho disegnato su Jared, mentre Heron su Jensen, ma con gli occhi blu, non Castiel, dunque, in sostanza, i due J. ci sono ma non si conoscono neppure, però s'incontreranno in una situazione tragicomica, come al mio solito.

    Per la tua ff, tranquilla. Capisco e aspetto. :)


    Detto ciò, adesso so che posso andare avanti, quindi vado con la prossima puntata.


    In questa puntata - piuttosto lunga - vediamo ancora cosa si dicono all'interno dell'Area 51, ma il capo decide anche che è ora di darsi una mossa. Infatti, dopo aver discusso un pò, due degli uomini della base ricevono l'ordine di partire per un volo di ricognizione.

    E a Grindewald cominciano i guai. Heron sconfina dalla sua zona di isolamento e...... Buona lettura !!



    TRASH - SPAZZATURA




    10 ) TRASH - SPAZZATURA


    Area 51

    Nel vasto ambiente dei sotterranei dell'Area 51 alcuni grandi schermi si accesero mostrando dapprima solo un pulviscolo catodico bianco e nero poi, dopo forse mezzo minuto, immagini, leggermente sfocate, inquadranti varie zone del pianeta aventi in comune il medesimo scenario, ossia: vere e proprie montagne di detriti di ogni genere.
    Lo spettacolo gettò l'intero vano e i suoi occupanti nel silenzio più assoluto, attonito e imbarazzato.
    "Che cazzo è successo?" esclamò Hardings, fissando a turno gli schermi.
    "Vorrei saperlo anch'io. - rispose Forrest, apparentemente meno imbarazzato degli altri ma, di sicuro, più meravigliato e infuriato dei colleghi e degli uomini legati alle sedie, ai quali si rivolse in tono poco conciliante - Avete spiegazioni da dare? Io sono certo di si e fareste bene a darle alla svelta prima che ve le estorca in modalità sgradevole" concluse duro e tagliente come una lama.
    Nell'enorme sotterraneo il silenzio tornò sovrano assoluto fino a che fu rotto dalla voce, arrochita per l'emozione, di uno degli scaricatori.
    "Io l' ho detto. - cominciò, incerto - Non abbiamo più spazio per i rifiuti e.... abbiamo visto che sulla Terra ce n'era tanto e.... ci era sembrato che il pianeta fosse disabitato. Non abbiamo la minima idea di cosa sia successo sul vostro mondo".
    Forrest, Edwards e Hardings si guardarono, esterrefatti, quindi ridiressero gli sguardi sugli schermi, fissando i monti di immondizia. Tuttavia, dopo i primi attimi di autentico stupore, in quei giganteschi cumuli di pattume, i tre iniziarono a intravedere qualcosa di positivo.
    "Scusate, - s'intromise uno dei prigionieri appartenente al gruppo dei malviventi - ma nessuno di voi si era accorto di questo, prima d'ora?".
    Forrest dovette ammettere che l'uomo aveva ragione. Fino al giorno precedente, lui e il suo staff dell'area avevano costantemente provveduto alla pulizia e alla rimozione di immondizia ammucchiatasi e sparsa al di sopra delle loro teste e per un raggio di alcuni ettari, ma non erano andati mai oltre quei limiti naturali quasi esistessero virtuali colonne d'ercole al di là di cui era inutile avventurarcisi, considerando anche che non era stato loro più possibile ricevere informazioni sulla sorte del resto del pianeta.
    A quel punto, Forrest prese una decisione e ordinò ai suoi collaboratori di salire su uno dei loro veicoli aerei di ricognizione per effettuare un sorvolo oltre i limiti fino a quel momento assurdamente, ma istintivamente rispettati.
    In attesa degli esiti, l'uomo restò in piedi, fra gli schermi ed i prigionieri, a riflettere sull'incredibile status delle cose.
    Già. Cos'era successo alla Terra? Perché non aveva avuto più notizie dall'esterno?
    E non aveva idea di quanti suoi simili si fossero posti la stessa domanda, almeno per qualche tempo, prima di seppellire gli eventi nel gran calderone del dimenticatoio.
    La Terra non aveva più un passato e nessuno aveva alzato un dito per farlo riemergere.
    Cos'era avvenuto di tanto terribile per cancellarlo e impedire a chiunque che fosse, anche solo per un istante, cercato e ripreso?
    Forrest e gli altri avevano circa cinquant'anni, dunque mezzo secolo, ma non bastava per poter tornare indietro fino all'ora X, o al giorno X quando era successo, e nessun altro, sul pianeta, risultava sopravvissuto cento anni o più per ricordare, anche solo vagamente, i fatti.
    Le immagini del veicolo di ricognizione in volo, che cominciarono a scalzare quelle delle montagne di spazzatura, restituirono un panorama desolante, tuttavia, il paesaggio appariva si apocalittico, ma non di distruzione provocata da fenomeni, per esempio, sismici, quali terremoti, maremoti o esplosioni vulcaniche. No. Niente di tutto questo o, almeno così sembrava.
    Di sicuro, il mondo era stato sconvolto da un evento di proporzioni, si potrebbe usar definire, bibliche, ma non di natura fisica. In alcune zone del pianeta gli edifici erano effettivamente in macerie ma lo erano in modo singolare. Non erano crollati tutti in briciole come se fossero stati polverizzati da scosse telluriche o aggrediti da tsunami; parevano essere stati bombardati e i bombardamenti, benché ugualmente distruttivi, lasciavano segni diversi da quelli lasciati dai fenomeni di origine geologica o atmosferica, portando ad intuire che più di un cataclisma, il pianeta fosse stato vittima di una guerra a livello mondiale o, quanto meno ad una poderosa rivoluzione a larga scala.
    Ad un certo punto, il panorama devastato e desolante cominciò ad essere sostituito da inquadrature di agglomerati urbani nei quali sembrava esserci ancora vita. Dall'alto del veicolo s'intravedevano forme che si muovevano come formiche, non molto operose, si sarebbe detto piuttosto tranquille, quasi non avessero più tanta fretta di vivere; quasi sapessero che davanti a loro la vita sarebbe stata abbastanza lunga per fare tutto ciò che avevano in programma di fare.
    E la cosa più strana che Hardings notò fu che nessuno parve alzare gli occhi al cielo per vedere chi o cosa stesse volando sulla testa. Gli esseri semoventi continuarono a camminare e a muoversi senza guardare in alto. Ai comandi del velivolo, attraverso il vetro dei caschi, Hardings ed Edwards, invece, si guardarono attoniti ed interrogativi.
    Ma non fu così per tutti.
    Sentendo un ronzio lontano, e vedendo qualcosa che volava, qualcuno alzò occhi e naso per vedere cosa volava.




    11) SPIRAGLI

    Grindewald - ufficio del Sindaco

    Stefano aveva cominciato a cercare.
    Dopo la velocissima corsa che, in soli dieci, quindici anni aveva portato i Terrestri ad abbandonare quasi del tutto i computers a favore dei tablets e delle nuove generazioni di telefoni cellulari, l'evoluzione tecnologica aveva subìto una brusca battuta di arresto non producendo pressoché più alcun dispositivo di comunicazione e sulla scrivania del sindaco di Grindewald troneggiava un buon computer portatile datato 2102 ancora ben funzionante.
    Internet esisteva ancora, ma si era trasformata in una più limitata Intranet nella quale si trovavano solo informazioni sull'area in cui si abitava; una sorta di rete domestica che non andava oltre la corona di montagne intorno alla cittadina. Di essa, degli abitanti e degli eventi si trovava tutto e anche di più, compresi i pettegolezzi, ma niente di ciò che era al di là dei monti.
    Il ronzio lontano pervenne alle orecchie di Stefano che aveva aperto la finestra del suo ufficio per alcuni istanti, il tempo necessario di fumarsi una sigaretta senza strafogarsi. Ciò che ronzava appariva piccolo a distanza, e sfrecciò scuro nel cielo celeste pallido di una giornata non molto assolata per poi sparire proprio dietro la cima contro cui si era schiantato il veicolo alieno.
    Il fatto curioso fu che il piccolo aereo ricomparve dopo alcuni minuti dirigendosi poi verso est.
    Poi ritornò e puntò verso sud.....
    Dopo il grande botto di alcune notti prima, quella visita costituì una novità.



    Ospedale

    Quel giorno, la figlia maggiore, Flavia, aveva chiesto a sua madre di andare con lei in ospedale per far visita ad un'amica ricoverata un paio di giorni prima per una banale appendicite e Annamaria era stata felice di andare a lavorare con la figlia al seguito, programmando poi di tornare a casa con lei e, magari, riuscire almeno ad andare a cena insieme con gli altri componenti della sua famiglia.
    Arrivate nella struttura, le due si erano separate per raggiungere i vari reparti e Annamaria aveva raccomandato a Flavia di ritornare da lei non appena avesse finito la visita.
    I vetri delle finestre del nosocomio erano spessi e anti-rumore con lo scopo di dare pace e silenzio agli ospiti, ma il microchip impiantato nel cervello di Al Heron, oltre a tradurre ogni linguaggio in codice binario per permettere a lui e ai suoi complanetari di comprendere le lingue parlate nell'universo conosciuto ed abitato, aveva la sensibilità di consentirgli di avvertire rumori anche in ambienti insonorizzati e protetti. I rumori giungevano a lui, ovviamente attutiti per non arrecargli troppo disturbo, ma arrivavano, e Heron avvertì il ronzio che lo spinse istintivamente ad alzarsi dal letto e ad andare alla finestra per vedere.
    Grazie alle cure, e a massicce dosi di analgesici, i dolori al corpo si erano di molto attenuati e, malgrado ancora qualche fitta, l'uomo riuscì a muoversi fino alla grande finestra e a guardare da dietro il vetro centrale quanto bastò per vedere il velivolo sfrecciare rapido nel cielo.
    Non era un'altra astronave mandata forse da Ariel per cercarlo.
    Con tutta probabilità, su Ariel era giunta notizia anche della sua scomparsa.
    Con tutta probabilità, su Ariel i suoi complanetari erano convinti che anche lui fosse morto come suo padre. Da lui e dal suo veicolo non erano più pervenuti aggiornamenti.
    Al abbassò la testa ed ebbe un pauroso capogiro che lo obbligò ad ancorarsi al termosifone spento sottostante la finestra. Si sentiva debolissimo e non cadde a terra solo perché, provvidenzialmente, Annamaria entrò in quel momento e corse a sostenerlo, riaccompagnandolo poi al letto.
    Era uscito dalla tenda ad ossigeno ed ora riposava su un letto normale con testiera e spalliera di metallo lucido blu come i suoi occhi che fissavano Annamaria con sguardo intenso di discreta e dignitosa supplica. Non volle stendersi, rimanendo seduto sul bordo, al centro del materasso.
    "Credo... - sussurrò - di avere fame".
    "Lo credo anch'io. - convenne Annamaria - Saranno almeno dieci giorni che non manda giù neppure una briciola di pane. Anche gli alieni mangiano, suppongo. - si fermò e gli sorrise - Vado ad ordinarle una bella e abbondante colazione" detto questo, prese il telefono ed inoltrò l'ordinazione.
    Dunque, quella donna sapeva chi lui fosse e cosa fosse, ma non sapeva nulla di suo padre.
    Chi avrebbe potuto sapere di lui? Chi avrebbe potuto dargli qualche informazione?
    Pochissimi minuti dopo, un giovane dipendente in camice bianco entrò con un carrello metallico interamente occupato da piatti, bicchieri, vassoio e varie cuccume, anche quelle d'acciaio lucidissimo, e lo spinse fino al letto dove Heron era ancora seduto. In altrettanti pochi minuti, l'uomo spazzolò il contenuto di piatti e bicchieri, godendo tuttavia del sapore dei cibi ingoiati, e regalando, al termine del pasto, al giovane e ad Annamaria, un sorriso dolce, bellissimo, velato di fanciullesca malinconia. Rifocillato e rinvigorito dal cibo, volle recarsi in bagno senza aiuto, liberandosi dalle scorie accumulate nell'organismo da giorni di assoluta immobilità, si sciacquò il viso più volte, bevve altra acqua, tornò nella stanza, ma non volle tornare a letto e chiese di essere accompagnato a vedere almeno uno dei suoi colleghi, pur conscio che la vista gli avrebbe fatto più male del dolore al torace. Ma Annamaria fu richiamata in altro reparto e non poté accompagnarlo, delegando il giovane dipendete all'incombenza. Il ragazzo lo scortò nella sala di rianimazione dove riposava la donna, Granya Addok, immobile, ancora custodita all'interno della tenda ad ossigeno. Come Heron aveva previsto, vederla in quelle condizioni fu un colpo tremendo che lo sorprese a trattenere le lacrime a stento.
    "Mi dica sinceramente, - si rivolse l'uomo al ragazzo, - si salverà? Si risveglierà?".
    Il giovane guardò Heron, contrito.
    "Non lo sappiamo ancora. - rispose - Ha alcune vertebre del collo danneggiate. Potrebbe salvarsi. Potrebbe anche risvegliarsi, ma non sappiamo se potrà tornare a camminare e a muoversi come prima". Al Heron chiuse gli occhi, distrutto. Lanciò un'ultima occhiata alla tenda e chiese di uscire.
    Perché si era salvato solo lui? Se non fosse accaduto quel che era accaduto, avrebbe potuto prendersela con un ente superiore che aveva voluto punirlo per il suo eccessivo decisionismo, ma non era così. Nessuno lo aveva punito. Forse si era punito da solo addossandosi una colpa che avrebbe potuto anche non essere completamente sua ma che ora sentiva sulle sue spalle ancora indolenzite. Il ragazzo gli domandò se avesse voluto continuare il giro, ma Heron pensò, con saggezza, che per quel giorno lo spettacolo poteva finire lì, distribuendo la pena nei giorni successivi. Il ragazzo lo riaccompagnò nella sua stanza, chiese se avesse bisogno d'altro e, alla sua risposta negativa, uscì lasciandolo definitivamente ai suoi pensieri. Al non volle rimettersi a letto. Aveva visto che era in grado di camminare e volle muovere le gambe. All'esterno, sotto la finestra si vedeva il giardino dell'ospedale, curatissimo, con prato verde rasato e fiori intorno agli alberi tagliati da giardinieri artisti. Il tempo non prometteva molto bene. Il Sole era sparito sopra una coltre di nubi grigio scuro che minacciavano pioggia, ciò nonostante, il panorama che si godeva dalla finestra era splendido e sereno: una vasta distesa verde sulla quale alcune case erano ordinatamente raggruppate in un agglomerato al centro, altre, invece, erano sparse, più distanziate andando verso le pendici dei monti che contornavano la valle, qualcuna con accanto lo specchio azzurro di una piscina. In un certo qual modo, quel panorama gli ricordava le città di Ariel le quali però si differenziavano da quella che vedeva sotto i suoi occhi per il colore del cielo sopra di esse, quasi sempre bianco a causa dell'alta concentrazione di polveri provenienti dalle centrali atomiche disseminate sul pianeta, fuori dai centri abitati salvaguardati dalle cupole di protezione. Appoggiandosi ovunque, Heron uscì dalla stanza e cominciò a camminare
    Voleva ritrovare la donna che credeva gli avesse salvato la vita.
    Voleva chiedere a lei se i suoi compagni di viaggio si sarebbero salvati.
    Non aveva più dovuto ricorrere alla maschera ad ossigeno ma uscendo dalla camera, a destra del letto ne aveva vista una priva di qualunque cavo, semplicemente posata su una forcella e, per sicurezza, l'aveva presa portandosela dietro.
    Se il paesaggio di quella cittadina era simile a quello delle città di Ariel, non lo era l'aria, molto più leggera e rarefatta.


    L'orario delle visite stava per terminare e Flavia si accomiatò da Hilde, sua compagna di classe, stesa sul letto dopo aver subìto un normale, seppur fastidioso, intervento all'appendice. Le due ragazzine si salutarono affettuosamente, Flavia lasciò l'amica con un sonoro bacio su un guancia, uscì dalla cameretta in cui la ragazza era ospitata e, come le aveva raccomandato sua madre, andò a cercarla nel reparto pneumologia dove Annamaria, originariamente infettivologa, era stata designata dopo che, a causa dell'isolamento in cui Grindewald si era affossata, le malattie infettive erano, in pratica, scomparse del tutto. Iniziò a percorrere il lungo corridoio al termine del quale avrebbe trovato l'ascensore quando, proprio in fondo, controluce, vide una forma umana scura con un volto che, anche in ombra, le sembrò indefinito, deforme, mostruoso, con una specie di proboscide al posto del naso. In quel momento il suo cellulare squillò. Esitante, tremante, rispose e, nel contempo, cacciò un urlo di terrore. All'altro capo della linea, la vocina squittente di una sua amichetta le chiese, spaventata cosa stesse succedendo. Le porte delle altre stanze si spalancarono sul corridoio e gli occupanti si affacciarono per vedere e sapere la stessa cosa.
    Sul cerca-persone, Annamaria vide lampeggiare la luce di chiamata di emergenza e corse al reparto da dove era partita la chiamata.
    La scena che si presentò fu tragicomica.
    L'ospite alieno era davanti a un gruppetto di pazienti ed infermieri, accorsi anche loro dopo aver ricevuto varie chiamate, con la maschera di ossigeno stretta nella mano sinistra e lo sguardo blu che si muoveva veloce da una persona all'altra.
    La frittata è fatta, pensò Annamaria, sconsolata, e adesso cosa racconto?
    Heron diresse gli occhi su di lei invitando tacitamente gli altri a fare la stessa cosa come se lei fosse stata l'oracolo appena arrivato. Flavia si gettò fra le braccia della madre e Annamaria la strinse a sé, consolandola subito e rassicurando gli altri.
    "Tranquilla, Flavia. - le sussurrò - E' tutto a posto. Non è pericoloso. Non farà del male a nessuno. Sta solo cercando suo padre".
    Per incanto della sua voce calma, tutti si rasserenarono e contemplarono l'uomo con occhi diversi, ammirandone l'aspetto molto piacevole. I due si erano parlati, ma non si erano ancora mai presentati.
    "Mamma, chi è?" chiese Flavia staccandosi di poco dall'abbraccio materno.
    "Vi presento.... - introdusse Annamaria - come ha detto che si chiama?" domandò all'uomo.
    "Sono Heron. - si presentò Al - Al Heron, comandante della Prima Unita della Flotta Spaziale, e vengo da Ariel, quarto pianeta del quindicesimo sistema solare della galassia di Andromeda".
    Tana!
    Vinta dall'evidenza, Annamaria alzò gli occhi al soffitto.
    "E' uno scherzo!" esclamò uno dei pazienti fuoriusciti dalla sua stanza.
    "Sono tutti così?" cinguettò, compiaciuta, una paziente, muovendo la testa sormontata dai bigodini, e lo sguardo fra Heron e Annamaria.
    "Siamo stati invasi dagli alieni e nessuno ci ha detto niente!" protestò un altro.
    "Potrebbero voler sembrarci amici e poi distruggerci tutti!" sbraitò un quarto paziente,
    E sarebbero andati avanti in quel modo per un pezzo se Annamaria non si fosse imposta con un picco risoluto della voce che s'innalzò sopra le altre.
    "Va bene, adesso basta! - gridò quasi, riuscendo a far tornare silenzio e calma nel corridoio - D'accordo. Avete ragione. Avremmo dovuto avvertire, ma nemmeno sapevamo come fosse la situazione e allarmarvi con notizie false sarebbe stato ancora peggio. - poi, indicando lo spaurito Heron, continuò - Ciò che quest'uomo dichiara, è tutto vero, ma non è qui per farci del male. E non ci sarà alcuna invasione aliena. - illustrò la drammatica situazione dell'uomo - Sta cercando un suo familiare. Lo vogliamo aiutare a ritrovarlo, eh?" finì col tono di chi invitava a partecipare ad un gioco.
    I pazienti, avvolgendosi le vestaglie intorno ai corpi, e i paramedici, fermi dove erano accorsi, si passarono vicendevolmente in rassegna, nel silenzio della sorpresa, della costernazione e dell'imbarazzo, concludendo il giro degli sguardi sul meravigliato e intimidito comandante Heron che, muto, fissava Annamaria.


    Ve la immaginate la scena? E le facce? Spero vi sia piaciuta.
    Alla prossima, presto, ma vi lascio il tempo di leggere con calma.

    Edited by sahany09 - 1/8/2014, 18:59
     
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    Beatrice

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    Ciao ^^ Finalmente sono riuscita a passare per leggere la nuova parte. Sorry per il ritardo.
    Certo che sono riuscita a immaginarmi la scena! Tu descrivi in modo impeccabile e mi sembra di essere catapultata dentro la storia, come una spettatrice silenziosa che nessuno può vedere.
    Complimenti La storia si fa sempre più interessante e mi intriga sempre di più! Brava!!!!!
    Non vedo l'ora di leggere il continuo ;)
     
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  14. sahany09
     
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    Grazie cara. :) La storia intrigherà man mano che andrà avanti, almeno spero che sarà così. Ma ora aspettiamo Gabrielle poi si prosegue.
    A presto. E grazie sempre per la tua costanza e la tua fedeltà nel seguirmi.
    Comunque, anch'io ti seguo. La tua Crystal è forte !!!
    Ciao.
     
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    Eccomi qui Sahany ^_^ Scusami per l'abissale e imperdonabile ritardo, ma ho avuto parecchio da fare...Perchè non esiste una macchina del tempo quando serve? :mmm: A parte i miei deliri e i miei auguri più spensierati per un sereno e meraviglioso buon Ferragosto, eccomi qui a recensire il capitolo ^_^ Che dirti? La tensione e l'adrenalina che si respirano all'interno del capitolo, bè le si possono sentire a pelle, si vede quanto l'argomento fantascientifico ti stia a cuore, molto dolce la scena tra AnnaMaria e Heron, il fatto che AnnaMaria si preoccupa che Heron mangi e si domandi il perchè lui sia sopravvissuto e gli altri no e mi ha molto incuriosito il comportamento degli altri pazienti dell'ospedale, alcuni dei quali hanno solo la paura del nuovo, dello straniero, hanno paura di quello straniero che dapprima è amico e dopo è il sicario alle tue spalle (questa immagine è abbastanza forte a pensare, ma rende l'idea).
    Davvero bravissima, i miei complimenti
     
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