Trash - Spazzatura

fanta storia ecologico/spirituale

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  1. sahany09
     
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    CITAZIONE (GabrielleWinchester @ 5/12/2015, 15:00) 
    Eccomi qui :-) Che dire? Un capitolo intenso sotto diversi punti di vista, un capitolo che è in qualche modo lo specchio del terrore che ci attanaglia in questi giorni, mi ha colpito molto il discorso tra il padre e il figlio, il quale afferma che è sbagliato uccidere per Dio, che tutto quello a cui hanno sempre creduto è sbagliato, un capitolo che fa riflettere e piangere nello stesso tempo..ed è difficile farmi piangere ma tu sei riuscita a farmi commuovere...Molto brava, Sahany

    Grazie Gabrielle, come sempre. :)
    A essere sincera, ho aspettato qualche giorno a postare questa puntata, dopo i tragici e noti fatti di Parigi. Postarla prima sarebbe suonata quasi profetica, dopo, sarebbe parso quasi un atto di sciacallaggio. Insomma, era diventata una puntata un po' .... critica!!!
    Comunque, come ho anticipato, la prossima è più leggera ed allegra.
    Purtroppo però, siamo giunti quasi alla fine anche di questa fiction.

    Aspetto la tua sempre con trepidazione ma capisco che pure tu hai impegni da rispettare, quindi, fa' pure con calma.

    Di certo, ci sentiremo prima delle feste giacché, come ho detto, posterò la puntata nell'imminenza del Natale, quindi, per ora, mi limito a salutarti e ad augurarti buon tutto quello che farai.

    A presto. :)
     
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  2. sahany09
     
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    Eccomi !!!

    Siamo praticamente alla fine anche di questa folle fiction quasi favolistica e tutto è bene quel che finisce bene, o quasi.


    Buona lettura e buon divertimento. :)


    TRASH - SPAZZATURA




    37) GLI IDOLI DELLA FOLLA


    2124

    Flavia Aloisi restò immobile sulla sedia, ammutolita e quasi senza fiato per la sorpresa di ciò che aveva appena letto sul volume posato su uno dei tavoli della Biblioteca Segreta Vaticana, che non era più segreta.
    Dio e la religione erano stati cancellati dalla vita dei Terrestri per estirpare il fenomeno del fanatismo. Non c'era stata soluzione migliore che annunciare alla popolazione di ex fedeli di aver ... creduto a qualcosa e a qualcuno che non era mai esistito, ma che era stato creato per dar speranza agli uomini e illuderli che sopra di essi ci fosse un'entità superiore preposta a risolvere tutti i problemi laddove l'Uomo, limitato, non sarebbe mai riuscito a farlo.
    Poi però, col tempo, lo strattagemma aveva sortito esiti diversi dalle aspettative e l'Uomo aveva effettivamente smesso di credere a qualunque cosa ultraterrena fermandosi a dar fede solo a ciò che vedeva, e liberandosi dalle remore che inibivano i suoi istinti animaleschi primordiali.
    E in questo modo, la popolazione mondiale si era ridotta da otto miliardi a due, registrando la quasi totale scomparsa della razza mediorientale dalla faccia del pianeta, la più fanatica, la più pericolosa ma anche la più fragile, composta da esseri che non erano riusciti a sopravvivere senza più un dio a cui credere e per il quale, stupidamente, immolarsi.



    Roma, dicembre 2124

    Il nuovo assetto sociale della Terra aveva influito anche sul calendario.
    Scomparso il sentimento religioso, le festività dell'anno erano cambiate. Molte erano state soppresse e altre aggiunte, ma non il Natale. Quello era rimasto, nonostante avesse mutato nome e identità, nonché data, trasformandosi nella Festa del Sole Rinascente o, Sol Invictus, mutuato da una ricorrenza dell'antica Roma che però cadeva non il 25 dicembre bensì il 21, anzi! La notte fra il 21 e il 22 dicembre, in concomitanza con il Solstizio invernale, la notte più lunga dell'anno che però segnava l'inizio dell'allungamento delle giornate. Come una volta, un secolo prima, le vie della Capitale erano addobbate con luminarie ed abeti tappezzati di lucine colorate intermittenti che creavano giochi luminosi molto appariscenti. E come una volta, gli abitanti sciamavano per le strade più note a far shopping nel classico clima festaiolo di quel periodo.
    Dopo aver vissuto più di 40 anni nella sonnacchiosa cittadina svizzera in mezzo alle Alpi, Stefano Aloisi e famiglia erano tornati ad abitare a Roma e il capofamiglia aveva visto la sua carriera spiccare un bel salto, portandolo da sindaco a governatore della polis di Roma, che ora si era espansa per quasi tutto il Lazio, - dove, tra l'altro, tutti gli Italiani rimasti si erano trasferiti ad abitare - divenendo una megalopoli di oltre 20 milioni di umani, rimanendo però, per fortuna, dopo il caos di un secolo prima, una città abbastanza ordinata e tranquilla.
    D'altro canto, Stefano ci aveva sempre saputo fare. Aveva un'indole fondamentalmente buona tuttavia, si era sempre dimostrato un uomo di polso, forte e deciso, e il suo aspetto fisico imponente lo aiutava. Governare Roma non era come governare una cittadina di 5 mila abitanti, ma sotto le sue mani, l'Urbe pareva aver trovato un equilibrio invidiabile.
    Molto era cambiato in un secolo. Anche gli abitanti erano cambiati.
    Forse, non avere più a che fare col Vaticano aveva reso tutto più semplice. Ora il Vaticano era stato inglobato nel perimetro della città ed era solo un suo quartiere che comunque, non finiva mai di attirare visitatori provenienti da diversi angoli del vecchio continente.
    La basilica di San Pietro era sempre aperta al pubblico che pagava 10 mila lire (gli euro erano spariti e in Italia era tornata la vecchia lira) per farci un giro all'interno, accompagnato da guide specializzate o singolarmente, ognuno per i fatti suoi.
    E al centro della piazza, ora che era festa, troneggiava un gigantesco abete illuminato al quale sarebbero stati appesi pacchettini infiocchettati e colorati dai cittadini la sera del 21 dicembre.
    Mancavano ormai pochi giorni e bisognava preparare tutto per quella notte.
    Il Natale aveva finito di essere una festa da trascorrere in casa, davanti al camino, con dolci tipici e castagne; da una decina d'anni, i Romani passavano quella sera e quella notte in giro per le strade per poi riunirsi nelle piazze più grandi, allestite con lunghe tavole imbandite intorno agli abeti, e con grandi schermi installati nelle piazze e collegati fra loro in modo da permettere a tutti di vedersi ovunque. Non era da considerare una violazione della privacy ma semplicemente un nuovo modo di far festa, fuori dalle mura domestiche e tutti insieme: grandi e piccini, condizioni meteo permettendo. In caso di maltempo ci si rifugiava all'interno delle varie basiliche, ugualmente organizzate per proseguire i festeggiamenti.



    Sera del 21 dicembre

    Stefano Aloisi e famiglia approdarono a Via della Conciliazione a bordo di un'auto bianca di grossa cilindrata, attesi dai Romani che si attorniarono alla vettura, salutando allegramente il Governatore il quale ricambiò i saluti da dietro il parabrezza, agitando la mano sinistra libera dal volante.
    Due agenti di Polizia locale gli fecero cenno di seguirli per trovare il parcheggio dell'auto e Stefano li seguì fino al punto indicato dai poliziotti. Effettuò la manovra di posteggio, quindi uscì dalla macchina, imitato poi da Annamaria e dai quattro ragazzi. Sceso, si spostò al bagagliaio da cui estrasse un certo numero di pacchetti incartati ed infiocchettati, distribuendone alcuni a moglie e figli. Anche loro partecipavano all'addobbo del grande abete illuminato, svettante in mezzo a Piazza San Pietro.
    Faceva piuttosto freddo quella sera e i sei si chiusero nei loro giacconi, impermeabili a pioggia e temperature basse, avanzando a stento fra la folla festante e chiassosa.
    Un fiume di esseri umani si mosse verso la piazza dietro di loro. Di lì a pochi minuti sarebbe iniziata la celebrazione del rito che consisteva in una pantagruelica cena a base di tutto: pasta, carne, contorni, frutta e dolci, preparati e portati da tutta la cittadinanza e da consumare seduti alle lunghe tavole disposte intorno all'albero, oppure in piedi, con piatti in mano, a gironzolare per la piazza e chiacchierare con tutti in nome della condivisione collettiva.
    Alle 9 in punto iniziò la celebrazione del singolare rito e la comunità romana poté attingere alle vivande, raccolte in grandi vassoi sistemati e distribuiti sulle tavole. Il rito durò fino a circa mezzanotte allorché il personale di servizio, offerto dalla ex Santa Sede, cominciò a circolare con le bottiglie di spumante per festeggiare il giorno 22 dicembre, data dalla quale le giornate avrebbero iniziato ad allungarsi, preannunciando, seppur ancora lontana, la bella stagione, proprio come facevano gli avi nell'antica Roma.
    Ma quella sera accadde qualcosa che a Roma succedeva di rado e non si era mai verificata nella notte Santa, all'epoca del Natale Cristiano: attaccò a nevicare!
    Allibiti dalla sorpresa, gli abitanti della Città Eterna alzarono gli occhi ed i nasi fissando increduli il fenomeno. Dopo un silenzio udibile, i giovanissimi cominciarono a strillare e a correre di qua e di là per la piazza, impazziti di felicità. Stefano ed Annamaria guardarono affascinati i candidi fiocchi che cadevano leggeri sui loro giacconi e sulle tavole. E sopra una di quelle tavole videro due persone: un uomo ed una donna in piedi, con le braccia allargate a croce.
    Stefano si fece largo fra la folla, curioso di sapere chi fossero quei due. E quando fu abbastanza vicino al tavolo non credette ai suoi occhi. Non riconobbe lui, quanto lei, capelli scurissimi, ora corti, pelle olivastra, tratti orientaleggianti. Poi riconobbe lui, coi capelli corti, appena spolverati dell'argento dell'età che avanza per tutti, anche per chi non abita sulla Terra.
    "Che mi prenda ..... - esclamò sussurrando - Heron!".
    La donna si voltò verso di lui quasi avesse percepito il suo arrivo, la sua presenza, e sorrise, scuotendo Heron per una spalla. L'uomo si girò e, vedendo Stefano, saltò giù dalla tavola direttamente fra le braccia del governatore. Per un pelo non ruzzolarono entrambi sul pavimento. Solo il fisico possente e la forza di Stefano riuscirono ad amministrare al meglio il metro e ottantacinque ed oltre, lungo il quale erano ancora ben distribuiti gli ottanta chili che sprigionavano l'energia, potenziata dall'entusiasmo, dell'ex comandante di Ariel.
    L'abbraccio fu lungo, intensissimo e commovente.
    "Capitano Aloisi!"sussurrò Heron, con la voce incrinata dall'emozione di rivedere il suo mai dimenticato amico terrestre.
    "Diavolo di un alieno! - esclamò Stefano, col fiato corto - Che ci fai qui?".
    "Poi ti racconto. - rispose Heron, sciogliendosi dall'abbraccio, al quale seguì quello di Stefano a Granya Addok, primo ufficiale della Flotta Arieliana e compagna dell'uomo. Dal nulla, in mezzo alla gente, sbucarono due giovanissime creature femminili; una bionda ed una bruna; strette nei loro abiti invernali colorati, che tirarono una manica del giaccone alla madre indicando Stefano. - Sono le nostre figlie: - le presentò subito il comandante (che poi si scoprirà ex) - Stefania ed Annamaria".
    Stefano le guardò e si complimentò con i genitori.
    Stefania, che doveva essere la più vecchia, era bionda come il padre e con gli stessi occhi grandi di un azzurro profondo; Annamaria, la più giovane, era scura di capelli come la madre, stessa tonalità olivastra della carnagione materna ma anche lei con gli occhi cobalto paterni. Ad un primo impatto, la maggiore non doveva avere più di cinque, sei anni; la piccola doveva essere sui tre, quattro anni.
    Heron le invitò a salutare Stefano e loro ubbidirono educatamente chinando di poco le testoline e sorridendo. Sopraggiunsero Annamaria, la moglie di Stefano, con i quattro figli, fattisi ormai giovani adulti. Flavia, la maggiore, ventidue anni, era diventata una splendida ragazza di quasi un metro e ottanta di altezza; gli altri tre non sfiguravano di certo.
    Continuava a nevicare e Stefano, con i suoi familiari, notarono qualcosa di curioso.
    I convenuti in piazza si stavano avvicinando in massa a loro, circondandoli, con i volti sorridenti ed estasiati.
    "Non avete sempre desiderato che nevicasse questa notte?" disse Heron, allegro.
    "Ti sei messo a fare il mago della neve, comandante?" lo sfotté Stefano.
    L'uomo sorrise. Un sorriso aperto e impertinente, poco consono al suo ruolo, ma che incantò Annamaria e Flavia.
    "Nessuna magia, capitano Aloisi. - replicò Heron, con un guizzo di luce scaltra negli occhi - Migliaia, milioni di persone, che esprimono lo stesso desiderio nel loro animo, fanno il miracolo. Forse lo hai desiderato anche tu, senza volerlo. O forse qualcuno dei tuoi ragazzi!".
    "E' un potere che abbiamo tutti. - s'introdusse Addok, sorridendo - E che dobbiamo solo sfruttare al meglio, in tutta la sua intensità" .
    Annamaria ne aveva sentito parlare, ma non aveva mai pensato che funzionasse davvero.
    Gli astanti applaudirono. Heron alzò le braccia in un saluto collettivo, quindi prese Stefano per un braccio e lo trascinò con sé, cercando un varco fra la gente, intenzionato ad appartarsi con i suoi amici.
    Non fu facile.
    I festeggianti non sembravano volerlo mollare, ma lui, Addok e le bambine, con educata fermezza, riuscirono a far breccia nella calca e uscire, verso Via della Conciliazione, alla ricerca di un angolo più tranquillo. Dovettero percorrere parecchi metri, tuttavia, alla fine, avendo capito l'antifona, la gente lì lasciò andare, tornando verso la piazza.
    Un piccolo gruppo di agenti di Polizia li indirizzò ad un portone, quasi a metà della strada, e le due famiglie entrarono nel portone che introduceva nella hall di un albergo. Ad un segnale di uno degli agenti, il receptionist di turno fece cenno a Stefano di accomodarsi nell'ampia sala di accoglienza a destra dell'ingresso, ed il Governatore, con parenti ed amici, scelse un elegante angolo fornito di poltrone e un paio di comodi divani imbottiti e foderati di raso rosso scuro.
    Stefano cominciò a tempestare Heron di domande a raffica alle quali l'alieno rispose mostrandosi disponibile.
    "Siamo fuggiti, Stefano. - attaccò l'uomo, facendosi serio - Se volevamo amarci e vivere una vita normale come voi, questa è stata l'unica soluzione possibile. La Flotta aveva ulteriormente ristretto i freni. Non abbiamo potuto far cambiare loro idea".
    Stefano annuì, sgomento.
    "Da quanto siete qui?" chiese Annamaria.
    "Tre anni. - rispose Heron, con gli occhi che rilucevano - Tre anni meravigliosi. Si sta bene qui sulla Terra .... Qui a Roma, il clima è perfetto per me. Ho dimenticato l'uso della maschera ad ossigeno" concluse sorridendo.
    "Benvenuto, comandante Heron" sentenziò Stefano.
    "Ex comandante. - corresse l'alieno - Ora sono un civile felice".
    "Che fai per vivere?" chiese Stefano, curioso.
    Heron fece spallucce e torse la bocca in una smorfia di sufficienza.
    " Sembra che i nostri studi in ingegneria aerospaziale. - rispose - siano utili sulla Terra. Io e Granya ci occupiamo di comunicazioni satellitari. Abbiamo rimesso in funzione quasi tutti i satelliti che svolazzavano sulle vostre teste" concluse ridacchiando. Stefano annuì sorridendo. Poi però, còlto da un dubbio, si rabbuiò.
    "Come hai fatto .... - cominciò - si, insomma ..... per l'iscrizione all'anagrafe?".
    Heron alzò di nuovo le spalle.
    "Un'altra cosa facile da trovare qui sul vostro mondo, e qui a Roma è .... s'interruppe torcendo la bocca in un mezzo sorriso furbo - documenti falsi!".
    Stefano, Annamaria e gli altri scoppiarono a ridere.
    Annamaria fissava Heron, discreta e silenziosa. Era rimasto bello e quel velo di barba e baffi chiari e screziati d'argento ingentilivano maggiormente i suoi già bei lineamenti. I radi fili chiari che smorzavano il nero corvino dei capelli illuminavano il viso della donna.
    Finita la chiacchierata, le famiglie uscirono di nuovo in strada e furono accolte da un muro di umanità con in mano pacchettini infiocchettati che furono tesi verso di loro.
    "Siete gli idoli della folla" commentò un agente.
    "Pare proprio di si" commentò Stefano, mantenendo il sorriso.
    Il fiume umano sciamò lento e solenne verso Piazza San Pietro per compiere l'ultimo rito della sera.
    Giunti in piazza, tutti si presero per mano e alzarono le braccia gridando insieme: Sole, risorgi!, dopodiché Stefano si mosse verso il grande abete e appese il primo pacchettino su un ramo dell'albero, seguito dal resto dei partecipanti alla festa. I bambini, comprese le figlie di Heron e Addok, eseguirono il rito scorrazzando felici intorno al gigantesco abete che illuminava a giorno la piazza.

    Spero che la puntata sia piaciuta e colgo l'occasione per augurare

    BUONE FESTE NATALIZIE

    agli sparuti lettori.

    A presto, per quella che sarà la puntata conclusiva della fiction.
     
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    Eccomi qui :-) Allora ho trovato questo capitolo molto bello e molto dolce, un capitolo adatto al clima natalizio, mi è piaciuto molto il dialogo tra di loro e il fatto che le figlie di Heron si chiamino come Stefano e Annamaria, mi è dispiaciuto molto il fatto che se ne sono dovuti andare per poter vivere la loro storia d'amore ma spero che ora siano felici...curiosa la cosa di eliminare ogni traccia della religione e il ritorno della vecchia lira...davvero molto brava, i miei complimenti :-)
     
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  4. sahany09
     
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    Ciao Gabrielle, grazie. :)
    Beh, si. In seguito ai fatti accaduti e descritti nel capitolo precedente, la religione era stata quasi del tutto abolita ma erano stati ripescati antichi rituali pagani, riveduti e corretti per l'epoca in cui la storia si svolge.
    Sono felice che la puntata ti sia piaciuta. L'avevo tenuta proprio per questo periodo.
    Ti dò appuntamento alla prossima, che conclude questa ff. :( Eh si. Siamo giunti al capolinea. E colgo anche l'occasione per farti gli auguri di uno scintillante 2016, pieno di .... esperimenti letterari strambi. :)
    Ciao e a presto.

    Ho letto il capitolo della tua ff e l' ho commentato sul mio mp che ti ho inviato giorni fa. Non so se lo hai letto comunque, scrivo qualcosa anche qui sul forum.
     
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  5. sahany09
     
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    E siamo giunti al termine di questa mia fiction.
    Tutto ha una fine ed anche questa storia si appresta a concludersi.
    Come?
    Basta leggere.
    Alla prossima, non so quando.





    TRASH - SPAZZATURA




    EPILOGO



    Roma, sera del 21 dicembre 2114



    Gli idoli della folla tornarono ognuno a casa propria molto tardi, dopo aver gironzolato e festeggiato fino alle ore molto piccole, la notte magica che segnava la fine del periodo buio.
    Stesa sul letto, sotto il piumone, con il cuscino alzato contro la testiera, il faretto acceso sopra il comodino, Annamaria meditava.
    E si chiedeva il perché di una perdurante sensazione di vuoto che l'aveva accompagnata dal giorno della partenza di Heron e il suo equipaggio. Era come se le fosse venuto a mancare qualcosa ma non sapeva cosa. Eppure, durante la loro permanenza sulla Terra Heron e gli altri suoi compagni di avventura non avevano compiuto imprese memorabili se si toglieva il ripristino dei telescopi che avevano permesso il ritorno della comunicazione planetaria. Era questo il motivo? No. Almeno non quello fondamentale. Stava di fatto che ora, dopo aver rivisto il bell'ex comandante alieno, scortato dalla sua fantastica famigliola, quella sensazione di vuoto era scomparsa. Un'altra donna avrebbe imputato quel vuoto ad una specie di innamoramento più o meno platonico per un altro uomo che non era suo marito ma per lei non era così. Amava Stefano come il primo giorno e non lo avrebbe cambiato con alcun altro essere umano di sesso maschile ma Al Heron aveva qualcosa di speciale, qualcosa che riempiva l'anima e non era da attribuire solo al suo aspetto fisico.
    Dopo una doccia calda, Stefano si infilò sotto il piumone accanto alla moglie e le lanciò un'occhiata interrogativa alla quale Annamaria rispose con il suo sguardo pieno d'amore e d'ironia.
    "Tutto bene? - le chiese Stefano. Annamaria annuì ma Stefano non la vide persuasa. - Cosa ti frulla nella tua testolina?". Annamaria sorrise e gli confidò i suoi pensieri. Scoprì così che anche Stefano aveva provato la stessa sensazione per i dieci anni trascorsi dalla partenza di Heron e soci.
    Ad Annamaria tornò d'improvviso in mente il discorso di Granya Addok, la bella moglie del comandante: "Ognuno di noi ha dentro di sé un grande potere che non sempre riesce ad esternare ma quando riesce, il mondo si mette a girare all'incontrario". Come a dire che, volendo e concentrandosi, le cose possono essere cambiate radicalmente. E quel potere emana energia che non si vede, ma si sente, ed è capace di penetrare fino alla fibra più piccola della materia più dura; fino al midollo di un uomo. Era questo il segreto? Si può anche rimanere immobili per ore, per giorni ma tutto ciò che ti è intorno, lentamente ed inesorabilmente, muta perché qualcuno è in grado di operare quel mutamento. Forse, era proprio il caso di Heron e della sua donna. Ma chi dei due aveva il potere più forte?
    "Io credo, lei" dedusse Stefano. Annamaria si trovò d'accordo.
    Non a caso, tutto era parso risolversi dopo la guarigione della donna dai postumi del grave incidente occorso all'equipaggio di Heron.
    "Voglio saperne di più" dichiarò Annamaria, volgendo al marito un'occhiata intensa.
    "Adesso sono qui tutti e due. - rispose Stefano - Non abbiamo altro che parlare con loro".
    Annamaria allargò il sorriso, Stefano la abbracciò e conclusero quella lunga nottata di festa amandosi con più foga del solito. Merito sempre del potere di Granya che arrivava fino a loro?
    E non si trattava di un potere di natura divina.
    Il divino non esisteva più da un pezzo .... oppure sì?
    E anche il pianeta Terra, negli anni successivi, sembrò beneficiare di quel potere.
    Dopo anni di isolamento ed isolazionismo, le popolazioni delle varie polis, distribuite sulla sua superficie, ritrovarono il gusto di cercarsi e comunicare fra di loro e l'armonia parve tornare ed espandersi sulle terre e sui mari.
    Ma terrestri ed alieni hanno comunque una "data di scadenza" e anche per Stefano, Annamaria, Heron e Granya giunse il traguardo, sebbene molto tardi.



    2214

    Con un ronzio sommesso, appena percettibile, il drone sorvolava la superficie di quell'area della Terra, arida, polverosa, rocciosa e sabbiosa, irrorata dalla luce accecante di un Sole spietato che bruciava le carcasse ferrose e arrugginite, sparpagliate nell'immenso spazio desertico.
    Circa un'ora dopo, sabbia e polvere si alzarono nell'aria rovente, accogliendo l'atterraggio di un argenteo veicolo spaziale che si posò lento sul terreno.
    Nessun essere vivente uscì dal veicolo ma la parte posteriore di esso si aprì con meccanismo interno automatico e scaricò materiale di scarto.
    Nessuno protestò mai per quell'azione.
    Di Stefano Aloisi, Annamaria di Gennaro, Al Heron e Granya Addok si era perso ogni ricordo.


    F I N E




    Non amo i finali gloriosi e super positivi.
    Lo ammetto: è un po' amaro ma l'umanità sembra inguaribile. Se qualcosa comincia ad andar bene, chissà com'è, c'è sempre qualcuno che guasta tutto.
    Il buon Dio non ci ha pensato, se esiste davvero.
     
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    Eccomi qui...perdona il ritardo madornale ma ho avuto molte cose a cui pensare e spero di ritornare al più presto con la nuova puntata della ff crossover xd Andando a noi, ho trovato molto bello e anche molto triste questo finale, fino alla fine ho sperato nel lieto fine ma poi ho ritenuto che il tuo finale era più opportuno e più adatto a una visione realistica e disillusa...mi mancheranno molto questi personaggi e ti faccio i miei complimenti :-)
    Ps: Io spero di ritornare al più presto xd
     
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  7. sahany09
     
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    Grazie cara. :)

    Il resto lo leggi sul mp.
     
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