Daddy's Little Hunter

Fanfiction by Amariah

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  1. Amariah
     
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    PREMESSA
    Salve a tutti
    Questa fanfiction è nata per due motivi:
    - la mia idea di inserire nel telefilm "Supernatural" un personaggio femminile che resti in vita in tutte e cinque le stagioni.
    - una sfida personale: ho sempre scritto fanfiction di personaggi già esistenti, aventi un carattere ben chiaro e determinato. Mi piacerebbe, ora, inventarne uno e mettermi alla prova per vedere se riesco a sviluppare un mio personaggio. (L'idea è nata anche dalla lettura di altre fanfiction su questo forum su personaggi inventati: letture che hanno stuzzicato la mia fantasia. Quindi grazie, scrittrici del forum)

    Ora posto il primo capitolo, così potete dirmi se vi ho incuriositi o se è una schifezza pazzesca che non vi interessa (in tal caso mi limito a tenere questo capitolo come one-shot)
    Il personaggio da me inserito non cambierà gli eventi del telefilm. Dopotutto, i protagonisti sono sempre Sam e Dean!
    Il mio personaggio non avrà una relazione con nessuno dei due baldi giovani. Sarà come una sorellina, per loro.

    Ultimo avvertimento: in questo capitolo (e negli altri, se ci saranno :D ) ci sarà violenza e linguaggio colorito, d'altronde è riferito a Supernatural!
    Ovviamente non esagererò. Se comunque avete delle critiche su ciò, cercherò di adeguare il mio modo di scrivere a tali critiche.

    Buona lettura!



    Capitolo Uno



    Sioux Falls, South Dakota, 14 Novembre 1988

    Corre.
    Corre a perdifiato, nonostante il dolore lancinante che ha al suo interno la fa gemere ad ogni passo. Per lei, che non è abituata a quel dolore, è ancora più difficile.
    E’ molto veloce, ma non abbastanza rispetto alla cosa dalla quale sta scappando.
    Un altro fiotto di sangue le imbratta i lembi della camicia da notte candida, ma non c’è tempo per riposarsi.
    Vorrebbe andare più veloce, ma ha già perso troppe energie solo per arrivare fin lì.
    Abbassa per un momento lo sguardo e vede che le sue gambe sono completamente rosse.
    Questo però non le importa. Vuole solo mettere al sicuro quel fagotto che tiene fra le braccia.
    Per un attimo la vista le si annebbia a causa delle lacrime che, implacabili, le solcano il viso pallido e inciampa in una radice. Cade in avanti, stringendo a se quell’ammasso di stracci, come se fosse la cosa più importante del mondo, più importante della sua stessa vita.
    Alla brusca mossa, l’ammasso di stracci si muove e geme piano. La donna allora si alza in piedi e apre un po’ il fagotto, rivelandone il contenuto. Una bambina minuscola, con gli occhi chiusi, fa una buffa smorfia e poi gira la testa, come per cercare il seno della madre.
    La donna sospira. “Non c’è tempo tesoro. Presto tuo padre ti darà da mangiare”
    La neonata sbadiglia mentre la madre la ricopre ancora con lo straccio. Poi la donna riprende a correre a rotta di collo, nonostante abbia i piedi scalzi e che il sangue fresco del parto le renda le gambe scivolose.
    Finalmente raggiunge la sua destinazione: una vecchia casa, animata all’interno da delle luci soffuse.
    Facendo attenzione a non far rumore, si avvicina allo zerbino e vi deposita la bambina. Poi, si gira di scatto, scrutando il campo di grano e la foresta dietro di se. Stava arrivando, se lo sente.
    Velocemente, sgancia il braccialetto d’argento che porta al polso sottile e lo allaccia al collo della piccola, controllando che non sia troppo stretto.
    Poi, prende una lettera dalla tasca della camicia da notte e l’appoggia vicino alla piccola.
    La donna si alza e indietreggia, per poi inginocchiarsi nuovamente sulla bimba.
    “Mi dispiace, piccola. La mamma non può stare con te” la voce le si spezza. Con delicatezza, le pone un bacio dolce sulla fronte.
    Intanto la neonata si sveglia e la fissa con degli straordinari occhi marrone cioccolato. Gli stessi occhi della madre.
    “Mi dispiace”.
    La donna poi corre al limite del campo e si volta.
    Da quell’angolazione riesce a vedere sia sua figlia sia i due uomini all’interno dell’abitazione.
    “Su, piangi” mormora la donna. “Devono accorgersi di te, piangi su”.
    Come se l’avesse sentita o capita, la bimba si agita e scoppia in un forte pianto, che fa breccia nel cuore della madre. Quanto vorrebbe tornare da lei, abbracciarla, nutrirla e amarla come ogni persona normale. Ma non può. Se vuole che lei sopravviva, non può.
    La porta della casa si apre e un uomo esce all’aria aperta bloccandosi alla vista della neonata.
    Dopo qualche secondo la prende in braccio calmandola e si guarda attorno, senza vedere la donna accovacciata tra le spighe di grano.
    Poi, si accorge della lettera e si china a raccoglierla. Dopo un’altra occhiata, rientra in casa.
    La donna sospira soddisfatta. Ora sua figlia è al sicura ed è tutto ciò che importa.
    Il braccialetto la proteggerà da quegli esseri proprio come hanno protetto lei durante la gravidanza.
    Non riusciranno a percepire la sua esistenza a questo mondo. Ora però possono percepire lei.
    Infatti la donna ricomincia a correre, mettendo più distanza fra sua figlia e quelle creature.
    In un attimo si ritrova in una foresta. Più precisamente al centro di una radura. E’ un posto idillico: le lucciole, come minuscole fiaccole, le illuminano il viso, mentre il ruscello accanto a lei sussurra parole antiche come la notte dei tempi, parole che nemmeno lei riesce a comprendere.
    Quella pace improvvisa viene interrotta da una voce alle spalle della donna.
    “Buonasera, Sue” il tono dell’ombra appoggiata alla quercia è sarcastico, quasi disgustato nel pronunciare quel nome.
    “Ce ne hai messo di tempo per trovarmi” replica la donna.
    L’ombra si agita, indignata. “Ma ora ti ho trovata”.
    Sue si gira per fronteggiare la creatura.
    “Carino il tuo abito. Ti sono sempre piaciuti i banchieri, vero?”
    “Non farmi perdere tempo. Dov’è?”
    La donna sorride.“Non riesci a trovarla, vero?”
    L’ombra digrigna i denti in risposta.
    “Dimmelo o ti uccido”.
    “Oh, lo farai comunque. Cosa ti fa credere che ti dirò dov’è mia figlia? ”.
    L’ombra sospira. “Sue, non mi dai altra scelta” dal suo tono trasparisce il desiderio e l’impazienza di uccidere Sue.
    “Hai ragione. Non c’è altra scelta”
    Sue cade il ginocchio, alzando gli occhi verso l’alto. Il cielo è limpido e terso, tanto da riuscire a vedere la Via Lattea mentre le stelle brillano come fuoco bianco.
    Sue sorride per un’ultima volta, mentre l’ombra avanza verso di lei con un ghigno soddisfatto.




    Nello stesso momento, Bobby Singer sbianca d’un colpo. “D-devo sedermi” dice con voce flebile, mentre passa la bambina che tiene fra le braccia al suo amico, John Winchester, e crolla sul divano passandosi una mano sul volto, mentre con l’altra tiene la lettera macchiata di sangue che ha appena terminato di leggere. “Non è possibile, no-“
    “Bobby, vuoi spiegarmi cosa diavolo sta succedendo?” chiede John, un po’ impacciato nel tenere quel batuffolo.
    “E’ mia figlia, John” risponde il cacciatore, cacciandogli il foglio ad un centimetro dagli occhi. “Cazzo, sono padre”.
    “Ma come fai ad esserne certo?” John cerca di far ragionare il suo amico, che al momento sembra in preda ad una crisi. “Leggi!”
    John prende il foglio, tenendo la bambina con un braccio solo. La calligrafia è molto disordinata. Probabilmente chi l’aveva scritta non aveva tempo da perdere.

    “Bobby,
    Non so se ti ricordi di me: sono la cacciatrice che hai incontrato nove mesi fa a Portland, nell’Oregon. Non ho molto tempo, quindi vado subito al sodo: mi danno la caccia e credo che mi uccideranno. Questa bambina è nostra figlia e voglio, come ultimo desiderio, che ti prenda cura di lei. Mi dispiace molto cambiare la tua vita così in fretta, ma non potevo permettere che la trovassero. Ti prego, non mandarla in un orfanotrofio o in posti del genere. Deve crescere con te. Oh, si chiama Elisheva Robynn. Spero ti piaccia.
    Ti auguro ogni bene,

    Sue Godfrey”

    John alza gli occhi dal pezzo di carta, incredulo.
    “Allora tu e questa Sue, siete i genitori di, ehm, Elisheva?”
    Bobby annuisce alzando gli occhi verso l’amico mostrando gli occhi spiritati. Se John non fosse a conoscenza della situazione direbbe che è posseduto.
    Finalmente Bobby riacquista la parola “Io e Sue abbiamo lavorato insieme ad un caso, esattamente nove mesi fa, a Portland. Demoni. Anche all’ora era agitata. Si guardava attorno di continuo, come se avesse paura di essere osservata”.
    “E poi avete, ehm, concepito questa piccola?” continua John, cullando la bambina per farla addormentare.
    “Beh, la caccia era finita e ci siamo dedicati a noi” spiega Bobby, imbarazzato. “Comunque, la mattina dopo Sue era isterica, diceva che era stato l’errore più grave della sua vita. Prese le sue cose e se ne andò”.
    “L’errore più grave della sua vita? Accidenti Bobby, ma che le hai fatto?”
    “Ehi” protesta il cacciatore, indignato. “L’ho trattata bene, John. Le ho chiesto se avevo fatto qualcosa di sbagliato e lei mi ha detto che sono l’uomo migliore che abbia mai conosciuto, ma che non poteva stare con me, anche se lo avrebbe voluto tanto. Dovevi vederla, John, sembrava che avesse appena ucciso qualcuno”.
    John guarda la piccola, addormentata beatamente contro il suo petto. “Credi che c’entrino i demoni?”
    Bobby annuisce. “Chi altro potrebbe essere?”
    Rimangono in silenzio per qualche minuto, fino a che John passa la piccola Elisheva nelle braccia di Bobby.
    “Woo, che fai?” chiede Bobby, agitato.
    “Qualche negozio è ancora aperto: vado a prendere il latte in polvere e dei pannolini per Elisheva. Domani penseremo al resto”.
    “Vuoi lasciarmi da solo con lei?” chiede Bobby, tenendo la bambina come se forre di fragile vetro.
    “Tranquillo non morde” scherza John. “Stai andando alla grande, paparino”.
    “John, esci o ti prendo a calci nel sedere fino al prossimo Stato “
    John guarda Bobby sorridere alla piccola e scuote il capo, uscendo dalla casa.


    La porta d’ingresso sbatte, segno che John è tornato. “Finalmente” pensa Bobby: ha le braccia rigide per la tensione. E’ padre, non può ancora crederci. Da quando era morta Elizabeth, si era rassegnato a vivere solo. Ma ora non lo è più. Sfoggiando un sorriso a trentadue denti si volta verso John. “Cosa-“
    Il sorriso gli muore sulle labbra allo sguardo cupo di John.
    “Hanno trovato il corpo di una donna” dice l’uomo, rispondendo allo sguardo di Bobby. “E’ stata identificata come Sue Godfrey”.



    Allora? Vi ho incuriositi?

    Edited by (Jesse) - 31/5/2010, 09:21
     
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  2. *pinki*
     
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    A me hai incuriosito parecchio...sisi...
    mi piace molto,cont presto... :D
     
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  3. eli*dreamer
     
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    CITAZIONE (*pinki* @ 21/12/2009, 00:13)
    A me hai incuriosito parecchio...sisi...
    mi piace molto,cont presto... :D


    sei davvero troppo brava!
     
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  4. Hunter 92
     
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    Ogni riferimento ai Social Distortion è puramente casuale... :D
     
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  5. Patty83
     
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    Mi hai incuriosito si! e poi la trovo anche molto originale... :)
    voglio conoscere meglio questa piccola cacciatrice di papà... ;-) che ragazza diventerà questa Elisheva (che nome interessante! come ti è venuto in mente? è solo per il suono o ha un significato?)

    Sei diventata ancora più brava a scrivere e a rendere la lettura assolutamente godibile e stimolante... questa descrizione per esempio io l'ho trovata molto "pittorica" e poetica:

    CITAZIONE
    "Il cielo è limpido e terso, tanto da riuscire a vedere la Via Lattea mentre le stelle brillano come fuoco bianco."

     
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    E' davvero bella. :sisi:
     
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  7. Amariah
     
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    RINGRAZIAMENTI

    @ Euclys81: grazie! Sono contenta che ti sia piaciuta.
    @Patty83: Grazie mille. Il nome Elisheva è ebraico (sarebbe Elizabeth in inglese).
    @ Hunter92: ti dico la verità: io quella band neanche la conoscevo :D . Infatti all'inizio non ho capito il tuo messaggio, poi ho fatto una ricerca sui Social Distortion e ho trovato il titolo della canzone "Mommy's little monster" e la mia espressione è stata questa :blink: . Che coincidenza!
    @ Eli*dreamer: grazie! sono felice di trovarti a commentare anche qui!
    @*pinki*: Sono contenta che ho stuzzicato la tua fantasia! Grazie per il commento!


    PREMESSA:
    Questo capitolo fa, passatemi la parola, schifo. Non per la scrittura (cioè, oramai quella non cambia :D ) ma per tutto il sangue che c'è dentro. E' molto più dark del primo capitolo e probabilmente anche di quelli futuri. Anche se potrebbe fare un po' impressione, è necessario per capire che l'infanzia di Elisheva non è tutta rose e fiori. E questo passato avrà ripercussioni anche sul futuro.
    Ho già in mente il prossimo capitolo (quando si è a casa con l'influenza si ha MOLTO tempo libero! :D ) e sarà meno dark di questo.
    Ultima cosa: le immagini prese per rappresentare Elisheva sono prese da Google Immagini in modo casuale (ovviamente rispecchiano come credo sia Elisheva)

    Buona Lettura!!! ;)




    Capitolo Due



    Wenatchee, Washington, 21 Marzo 1994

    La squallida camera del motel e’ illuminata da una fioca luce proveniente dalla lampada appesa al muro. Bobby Singer osserva la sorgente luminosa pensando che, se i proprietari del motel si fossero degnati di dare una pulita come si deve, quella lampada avrebbe illuminato di più.
    John Winchester getta il lungo machete sul tavolo “Non credevo che quel covo fosse così pieno di vampiri. Quanti saranno stati, Caleb?”.
    Il giovane cacciatore scrolla le spalle “Almeno una decina. Uno però è scappato”.
    “Ritornerà” continua Bobby “I vampiri sono vendicativi. Cercherà di farci fuori alla prima occasione”.
    “Per questo dobbiamo essere pronti. Propongo di dargli la caccia. Stanotte. Cercherà di scovare più informazioni possibili su di noi” spiega John.
    Caleb si agita sulla sedia “Potremmo provare a cercare nei bar. E’ la loro meta preferita e i baristi danno informazioni come fa una putt-“
    “Caleb! La bambina!” esclama Bobby.
    “Scusa Bobby” si affretta a dire Caleb, lanciando uno sguardo dispiaciuto ad Elisheva. La piccola è sdraiata sul pavimento, intenta a leggere un libro di fiabe che John le ha regalato e non sembra minimamente sconvolta dalla discussione degli adulti. Qualsiasi altro bambino della sua età probabilmente si sarebbe messo a piangere sapendo che mostri come vampiri, fantasmi e lupi mannari esistono per davvero. Ma lei no. Bobby fin da quando aveva tre anni le parla delle creature sovrannaturali che infestano le città, non le ha mai tenuto nascosto niente. Così come ha fatto John (o zio John, come lo chiama lei) e i suoi figli, Sam e Dean.
    I ragazzi Winchester con il tempo sono diventati per lei dei fratelli maggiori dato che, ogni volta che Bobby e John cacciano insieme, Elisheva viene affidata alle cure di Dean. Il maggiore dei due fratelli è più che contendo di occuparsi di lei (anche perché, benché piccola, Elisheva e’ già in grado di mettere a posto tutto ciò che i ragazzi buttano in giro, rendendo più abitabili le varie camere dei motel nelle quali alloggiano).
    Bobby si alza per raggiungere la figlia. “Ehi, Liv. E’ interessante quel libro?”
    La piccola alza gli occhi color cioccolato e fa le spallucce. Il soprannome “Liv” lo ha scelto lei stessa un anno prima perchè stanca di essere chiamata “Ellie”, nome troppo diffuso e da femminuccia secondo la sua opinione. Tutti quelli che la conoscono hanno dovuto adattarsi a quel cambiamento. Infatti la piccola Liv faceva finta di non sentire quello che le dicevano quando la chiamavano Ellie. E' molto testarda e se si impunta su qualcosa, la ottiene.
    Dopotutto, e’ la figlia di Robert Singer e qualcosa dal padre aveva dovuto pur prendere.
    “Cosa non ti convince, tesoro?” chiede Bobby, paziente.
    “ Beh, tu mi hai detto che i fantasmi sono come persone normali, mentre qui c’è scritto che sono delle forme bianche” sussurra Liv a bassa voce per a non farsi sentire da John. “ Cioè, non è brutto il libro, ma non dice cose vere”.
    Bibby scoppia a ridere. “Livy, queste storie sono scritte da persone che non sanno la verità”.
    “Vuoi dire che si inventano le cose?” chiede la bambina, con una espressione seria.
    Bobby si trova in difficoltà. A volte sua figlia è troppo intelligente per una bambina della sua età e il cacciatore non vede l’ora che riprende la scuola. Non perché vuole allontanarla da lui, ci mancherebbe, ma per farla stare insieme ad altri bambini; anche a casa sta troppo per conto suo, chiusa nella sua stanza a disegnare o a leggere; quando le chiede se non le mancano gli amici gli risponde che le piace anche stare da sola.
    “Sì. Gli scrittori si basano su leggende popolari e si inventano la maggior parte delle cose, ma non è un male”.
    “Ma dicono le bugie”
    “Ma loro non lo sanno”.
    Liv decide di lasciar perdere il discorso dicendosi che probabilmente capirà quando sarà più grande. “Allora stasera vai a caccia?”
    “Sì”.
    La bambina gli stringe la spalla con la sua piccola manina. “Stai attento, okay?”
    “Contaci tesoro”.
    La sera, John, Caleb e Bobby lasciano Liv al motel per scovare il vampiro sopravvissuto.
    La bambina per ammazzare il tempo si mette a disegnare, attività che le piace molto. La sua stanza, nella sua casa nel Sud Dakota, è tappezzata di disegni: ama soprattutto disegnare il cielo con soffici nuvole bianche, oppure la luna piena circondata da quelle stelle che ogni notte osserva fuori dalla finestra.
    Il disegno che sta colorando al momento ritrae la sua casa e sulla veranda ci sono lei e suo padre. Accanto a loro, Liv prova a disegnare una figura femminile, immaginando sua madre. Bobby ogni volta lei che tocca l’argomento, le dice che le somiglia molto e che anche lei era una brava cacciatrice, che però è stata uccisa da delle creature, probabilmente da demoni.
    Liv sta finendo di colorare i lunghi capelli castani di sua madre quando sente qualcosa grattare la porta. Si alza in fretta dalla sedia con una sgradevole sensazione alla bocca dello stomaco.
    “P-papà?” chiede, incerta.
    La porta si spalanca con un colpo secco ma l’uomo che Liv si trova davanti non è affatto suo padre. E’ molto alto, sulla trentina; ha la carnagione olivastra e due penetranti occhi nocciola.
    “Ciao piccolina” saluta gentile, chiudendo la porta dietro di se. “Non dovresti già essere a letto?”.
    “C-chi s-sei?” chiede Liv mentre arretra di qualche passo. Vorrebbe minacciare quell’uomo, ma la sua voce è ben lontana dall’essere ferma e sicura.
    “Drew” risponde l’uomo senza smettere di sorridere. “Il mio nome è Drew e sono l’unico sopravvissuto della famigliola che tuo padre e i suoi amichetti hanno sterminato ieri notte”. Il sorriso dell’uomo si allarga e dalle gengive spuntano tante piccole ma acuminate zanne.
    Liv corre all’armadio di ciliegio lucido e tira fuori il machete di riserva di suo padre. E’ così grosso e pesante nella sua mano delicata che riesce a sento a sollevarlo.
    “Non essere ridicola bimba” dice il vampiro, ridendo. “Abbassa quell’affare prima di farti male”.
    “E tu stai lontano da me o ti uccido!” grida Liv mentre cerca di impugnare più forte il machete. Il cuore le batte così forte che sente il sangue pulsarle nelle orecchie.
    Il vampiro ignora la sua minaccia e si avvicina mentre Liv, messa con le spalle al muro, mena un fendente verso l’alto, troppo debole e lento. Drew, approfittando dell’equilibrio precario della bambina, le dà uno spintone, facendola cadere a terra. Il machete scivola via dalle mani di Liv e cade qualche spanna lontano da lei.
    Poi, il vampiro si inginocchia vicino a lei e le prende il braccio destro. Mentre Liv si dimena per liberarsi, Drew le traccia sulla pelle liscia un taglio con le sue zanne affilate, così la bambina grida in cerca di aiuto ma il vampiro ride. “Sei tutta mia piccolina. Tuo padre ha ucciso la mia famiglia e ora io prenderò te”. Detto ciò, si morde il polso e lo avvicina al braccio di Liv, per infettarla con il suo sangue. Lei non sa che se il sangue del mostro viene a contatto con una ferita aperta, la vittima si trasforma in un vampiro. Bobby le ha risparmiato quel particolare, almeno per il momento. L’unica cosa che Liv sa (origliando le discussioni fra i cacciatori) per nessun motivo al mondo bisogna venire a contatto con il sangue di un vampiro.
    Animata da un’improvvisa scarica di adrenalina, Liv getta il braccio all’indietro per recuperare l’arma e, prima che il vampiro abbia il tempo di reagire, lo colpisce staccandogli la testa di netto. Questa rotola per un metro sul pavimento, con le labbra ancora piegate in un ghigno sadico mentre il corpo di Drew cade addosso alla bambina con tutto il suo peso e il suo sangue la investe come un’onda, penetrando anche nella ferita al braccio.
    Liv fa leva sulle braccia per spostare il corpo, senza successo e comincia a piangere, isterica, come qualunque persona sana di mente farebbe se avesse un corpo appena decapitato addosso.
    Dopo altri tentativi, riesce finalmente a strisciare da sotto il vampiro e si trascina verso l’armadio. Una volta dentro, socchiude le ante per non vedere il cadavere e per non sentire la puzza di morte che aleggia nella stanza anche se è inutile: il sangue le impregna i vestiti e l’aria nell’armadio diventa quasi irrespirabile.
    Dopo qualche secondo, Liv sente qualcuno aprire la porta della camera e così smette all’istante di piangere, tappandosi la bocca con una mano.
    “La porta è stata forzata, Bobby-“
    “FATEMI ENTRARE MALEDIZIONE!”
    Liv sente dei passi e il respiro pesante di suo padre avvicinarsi all’armadio. La bambina cerca di formulare una frase del tipo “sono qui, sto bene” ma la voce sembra essere scomparsa per la paura. Sa di non stare bene: trema come una foglia, ha la sensazione di stare per vomitare da un momento all’altro e il taglio al braccio le pulsa in modo quasi rivoltante.
    Guarda la ferita e la vede coperta di sangue non suo così la pulisce in fretta e come meglio con un vestito a caso dell’armadio, cosciente del fatto che suo padre si sarebbe arrabbiato moltissimo se avesse saputo che era stata a contatto con il sangue del vampiro.
    “Oh, John, dov’è la mia piccola?” chiede Bobby, con la voce spezzata dal terrore.
    “Non lo so, Bobby, forse è scappata”.
    “Ma chi ha ucciso il vampiro?” domanda Caleb.
    Un attimo di silenzio cala nella stanza.
    “Guardate, le tracce di sangue finiscono vicino all’armadio” esclama Caleb, attirando l’attenzione degli altri due cacciatori.
    Liv dall’interno dell mobile sente dei passi avvicinarsi e trattiene il respiro, ma un gemito le sfugge dalle labbra.
    La luce della lampada l’acceca per un attimo (le sembra molto più intensa di prima) quando Caleb apre l’armadio con il machete affilato appeso alla cintura.
    “Elisheva!” grida sorpreso e nello stesso tempo sconvolto alla vista della bambina coperta di sangue dalla testa ai piedi.
    Bobby corre verso di lei e, ignorando il sangue, l’abbraccia forte.
    “Oh mio Dio! Cos’è successo ?”
    Finalmente Liv riesce a parlare “M-mi ha a-attaccata e io l’ho u—ucciso”. Spiega la piccola balbettando ancora per lo spavento.
    John scocca un’occhiata stupefatta a Caleb: mai si sarebbe aspettato che una bambina di sei anni riuscisse ad affrontare e a vincere un vampiro.
    “La mia piccola cacciatrice!” esclama Bobby orgoglioso, poi nota il taglio sul braccio della figlia.
    “Livy, ti ha sanguinato sopra la ferita?!” chiede terrorizzato.
    John e Caleb, istintivamente, portano le mani ai rispettivi machete appesi alle cinture. Anche loro sembrano impauriti.
    “N-no papà” mente la piccola. L’espressione di suo padre la terrorizza ancora più di tutto quello che ha visto nell’ultima ora.
    “Sei sicura? E’ molto importante che tu mi dica la verità”.
    Liv alza gli occhi incontrando quelli celesti del padre. Non ha mai mentito a lui e di certo non vuole iniziare ora, ma il suo sesto senso le dice che la verità è troppo pericolosa.
    “Non mi ha sanguinato sopra, papà. Ne sono sicura”.
    “Okay tesoro. Ti credo”. Ma lo sguardo di Bobby è ancora sospettoso.
    Il cacciatore prende in braccio sua figlia e la porta in bagno per lavarle via tutto quel sangue, nonostante Liv gli dica che sta bene e che può fare da sola. La verità è che vuole tenerla d’occhio: se la ferità è infetta non ci vorrà molto affinché la sua bambina diventi un mostro assetato di sangue.
    Poi, dopo averle medicato il braccio, la porta a letto. “Buonanotte zio John, ‘notte Caleb”.
    “Buonanotte Elisheva” le rispondono e la piccola riesce a cogliere il tono freddo e distaccato dei due. Un po’ rattristata, si infila sotto le coperte del letto morbido e Bobby le sistema il cuscino sotto la testa. “C-come ti senti, piccola?”.
    Liv lo guarda spaventata. “Papà, perché stai piangendo?”
    Bobby scuote la testa e le sorride dolce. “Ho avuto paura di perderti Liv, ma rispondi alla domanda”.
    “Mi gira un po’ la testa e sono tanto stanca, ma ora è tutto finito, vero?” chiede Elisheva, pensando al suo taglio infetto.
    “Certo. Ora riposati, ne hai bisogno”.
    “E tu non dormi?” domanda ancora Liv mentre suo padre prende una sedia e la mette vicino al letto.
    “Non ho sonno”.
    “Buonanotte papà. Ti voglio bene”.
    Liv si gira su un fianco mentre Bobby la guarda addormentarsi. “Anch’io ti voglio bene piccola. Non sai quanto”.
    Appoggiato sulla moquette della camera, sotto la sedia scricchiolante, il vecchio machete riflette i raggi lunari che penetrano attraverso le tende di pizzo. Due lacrime solcano il viso del cacciatore mentre prega con tutto se stesso che la trasformazione non avvenga, che non sia costretto a uccidere sua figlia, ma ha osservato troppo bene il taglio per sperare che non sia infetto.
    Lentamente, fa scivolare la mano all’indietro, verso l’arma, pronto a scattare.
    Ma resterà così per tutta la notte: per qualche strana causa, Elisheva non si trasformerà mai.



    Vi è piaciuto???? ^_^

    Edited by (Jesse) - 31/5/2010, 09:22
     
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  8. eli*dreamer
     
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    CITAZIONE (Amariah @ 22/12/2009, 14:03)
    Vi è piaciuto???? ^_^

    e lo chiedi???è davvero stupendo questo capitolo...complimenti davvero. Sono molto curiosa su come si evolverà questa bella storia!!!
     
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  9. Amariah
     
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    Grazie Eli!
     
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    .
  10. >>.:Ruby:.<<
     
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    Oh mio Dio...ma è bellissima!!
    Bravaaaaaaaa!! :clap1:
    Continua presto eh... :D
     
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  11. Amariah
     
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    @Ruby: Grazie! sono contentissima che ti sia piaciuta


    PREMESSA:
    Sono proprio contenta che la mia fanfiction sia così apprezzata.
    Ecco a voi un nuovo capitolo che dedico a tutti voi insieme a tantissimi auguri di buone feste!!!
    :christmas: :christmas: :christmas:


    Capitolo Tre



    Green Bay, Wisconsin, 3 luglio 1999

    “Sei sicura?”
    “Si Liv, per la centesima volta, sono sicura!”
    Elisheva alza le sopraciglia, scettica, mentre la ragazza bionda davanti a lei le fa strada attraverso i corridoi umidi.
    Lei si fida di Joanna Beth Harvelle. Dopotutto è la sua migliore amica e sa che non la metterebbe mai in pericolo.
    Ma quella vecchia casa abbandonata a qualcosa di sinistro, troppo sinistro, per i suoi gusti.
    Sono in quella villa in decadenza per “giocare a cacciare” mentre i loro rispettivi genitori, del tutto ignari dell’incursione notturna delle due, sono al locale affianco al motel a festeggiare per l’ultima caccia vittoriosa.
    Quella non è la prima evasione delle due ragazze: quando si incontrano cercano sempre di organizzare quelle simulazioni di caccia all’insaputa dei genitori. Per Liv è un ottimo allenamento per il futuro, mentre per Jo rappresenta una valvola di sfogo e un capriccio dato che sua madre Ellen non ne vuole sapere di lasciarla cacciare. Ma la quattordicenne Jo Harvelle è un osso duro e, come al solito, fa di testa sua. Anche per quanto riguarda i luoghi nei quali “cacciare”.
    Quella casa è di gran lunga la più spettrale in cui le ragazze abbiano mai messo piede ma ovviamente nessuna delle due vuole ammettere di avere paura.
    Dopo aver ricercato il posto, Jo e Liv hanno preso gli “attrezzi” di Bobby (fucile con proiettili di sale, fiaschetta con l’alcol, sale e accendino), l’inseparabile coltello al ferro puro di Jo e sono corse fino alla casa, per poi scavalcare la recinzione ed entrare nei suoi corridoi bui e umidi.
    Liv rabbrividisce per il freddo e apre la bocca per dire qualcosa alla sua “collega” quando la torcia che la bionda tiene in mano comincia ad illuminarsi ad intermittenza.
    “Dai!” dice Jo, picchiettando le dita contro l’oggetto. La luce si spegne del tutto e il corridoio rimane illuminato solo dai raggi lunari.
    La ragazza si volta verso l’amica. “La pila è andata”.
    “Jo-”
    “Non dire “te l’avevo detto”, non provarci nemmeno” dice la bionda arrabbiata.
    “No, Jo-”
    “E non chiedermi ancora una volta “Jo hai controllato che questo posto non sia davvero infestato” perché la risposta è quella di cinque minuti fa: non c’è nessun fantasma qui Elisheva”.
    Jo si accorge che la ragazzina ha perso quel poco colore che aveva in viso in precedenza.
    “Allora quello cos’è?” chiede Liv indicando con il dito tremante qualcosa oltre le spalle della ragazza.
    Jo si volta e vede una donna dai lunghi capelli biondo cenere che saluta lei e Liv con un sorriso , mettendo i mostra i denti marci. Ha la pelle di un bianco perlaceo e appare e scompare ad intervalli regolari.
    “Quello è ovviamente un fantasma” risponde Jo agguantando Liv per un braccio e mettendosi a correre per mettere più distanza possibile tra loro e il fantasma e soprattutto per trovare l’uscita.
    “-Ho controllato la casa: è sicura al cento per cento-“ la imita Liv. “Sei proprio un’ottima cacciatrice Joanna Beth, non c’è che dire” dice sarcastica.
    La donna ricompare e da uno spintone a Liv, che cade sbattendo forte la faccia sulle assi del pavimento. Al grido di dolore di Liv, Jo si gira e spara una raffica di colpi con la pistola al sale poi afferra l’amica per un braccio e si rimette a correre per quei corridori che sembrano un labirinto.
    Jo pensa a quanto è stata stupida: solo perché non c’erano stati omicidi recenti in quella casa non significa che non fosse infestata. Come ha potuto mettere la sua migliore amica in un pericolo del genere? Pensa che forse è davvero una pessima cacciatrice, come le ha fatto notare Liv. Non avrebbe mai onorato la memoria di suo padre.
    Con lacrime di paura e rabbia gira l’angolo e nota che il corridoio si è allargato tanto da sembrare un salone da ballo al cui interno ci sono decine di specchi immuni dall’azione del tempo. Infatti a differenza del resto della casa, è evidente che qualcuno li pulisce in maniera quasi maniacale. Probabilmente il fantasma stesso.
    “ A che gioco stai giocando, Casper?” mormora Jo prima di proseguire attraverso la stanza. Dagli specchi ai suoi lati può vedere il viso della sua migliore amica: la caduta le ha provocato uno squarcio al labbro inferiore e in quel momento è grande almeno il doppio del normale.
    “Jo?” la bionda sente la voce flebile di Liv alle sue spalle, ma la ragazza non risponde.
    “Joanna?”
    “Che vuoi?!” La ragazza non incolpa Liv del guaio in cui si sono cacciate, ma le parole che le ha detto prima le hanno fatto male, penetrando nel suo cuore come una freccia avvelenata. Probabilmente ad una pugnalata al petto avrebbe sofferto di meno.
    “Mi dispiace”
    Jo getta uno sguardo a Liv attraverso lo specchio: la ragazzina si sta pulendo il sangue che le cola sul mento con la manica della giacca leggera e i suoi occhi sono umidi, come se si stesse trattenendo dal piangere.
    “Per cosa?” chiede Jo, anche se in cuor suo sa già la risposta.
    “Per quello che ti ho detto prima. Non è vero che fai schifo come cacciatrice, se non fosse stato per te, quello spirito mi avrebbe impiccata con le mie budella, probabilmente” spiega Liv, sempre con voce addolorata. “Dico solo che tuo padre sarebbe fiero di te, ecco”.
    Jo è commossa. Per un patto stipulato fra loro quando si sono conosciute, quattro anni prima, nessuna delle due parla dei parenti che hanno perso, salvo quando è necessario.
    “Grazie Livy, vuol dire molto per me, e scusa per averti messo in questo casino”.
    “Non importa” risponde Liv con un gran sorriso. “Ora vediamo di uscirci insieme”.
    Jo l’abbraccia stretta. “Oww, Jo, il labbro”si lamenta la più piccola.
    “ Scusa, scusa!!”
    Riprendono a camminare e dopo qualche minuto riescono a raggiungere l’uscita di quel labirinto di specchi.
    “Beh, è stato più facile del previsto” commenta Jo soddisfatta mentre sente i passi leggeri di Liv che la raggiungono. La ragazza tende il braccio all’indietro per prendere la mano di Liv e uscire finalmente da quella villa maledetta. Jo sente la stretta leggera ma nel contempo rassicurante dell’amica.
    “Cavoli Livy, sei congelata! Quel fantasma ti ha proprio spaventata, eh?”
    Liv non risponde e Jo si accorge di tre cose. Uno: La mano di Liv non è l’unica cosa ad essere fredda, anche l’aria intorno a lei è gelida, tanto che il corridoio sembra una cella frigorifera e il suo respiro si condensa immediatamente in nuvolette. Due: la pelle di Liv non solo è fredda ma è anche viscida, quasi morta. Tre: il respiro regolare dell’amica le fa rizzare i capelli alla sommità del suo capo, e di certo Liv non è così alta.
    Con un certo grado di rassegnazione, Jo molla di scatto quella mano fredda e si volta.
    “Ciao tesoro” la saluta il fantasma con un ghigno per nulla rassicurante.




    Liv guarda Jo proseguire il cammino fra gli specchi. E’ davvero dispiaciuta per ciò che le ha detto. Si guarda un po’ in giro e i suoi occhi si posano su uno specchio in particolare: non è appoggiato al pavimento come tutti gli altri, ma è appeso al muro e ai suoi lati si intravedono dei cardini arrugginiti dal tempo.
    “Jo, c’è una porta!” dice per richiamare l’attenzione dell’amica ma davanti a lei non c’è nessuno.
    Liv non vuole lasciare Jo da sola, ma è troppo curiosa di vedere cosa cela quella strana porta.
    Grazie alle piccole dita, riesce ad aprire il passaggio e si ritrova in una stanza ancora più fredda dell’intera casa. Alle pareti sono appesi oggetti adibiti alla tortura, dai coltelli alle fruste e ai marchi.
    Sulle assi del pavimento, una striscia di sangue rappreso da chissà quanto tempo segna il percorso dal centro della stanza ad una cassettiera mezza mangiata dalle tarme. Intuendo già cosa avrebbe trovato, Liv si avvicina al mobile e lo apre, coprendosi poi il viso con un braccio per resistere alla puzza del cadavere.
    Dai lunghi capelli biondi attaccati alla scatola cranica, Liv capisce che si tratta del corpo del fantasma che sta dando la caccia a lei e a Jo.
    Dalla stanza affianco giunge un grido acuto.
    “JO!” urla Liv di rimando e, più in fretta che può, tira fuori dello zainetto il sale e l’alcol.
    Fatto ciò versa entrambi sul cadavere e accende lo zippo, per poi gettarlo nella cassettiera e dare fuoco al cadavere.
    Dopo un paio di secondi delle grida di dolore, diverse da quelle di Jo, si propagano nell’aria umida.
    Liv corre da Jo e trova la ragazza a terra vicino alle ceneri del fantasma.
    “Hai trovato il corpo?” chiede la bionda, esibendo uno spettacolare occhio nero.
    “Trovato e bruciato” risponde Liv e tende una mano per aiutare la ragazza ad alzarsi.
    “Siamo un’ottima squadra, Livy” afferma Jo e schiaccia un cinque con Liv.
    “Puoi dirlo forte. Ma ora torniamo al motel e cerchiamo di coprire queste ferite o i nostri ci ammazzeranno”.
    Jo sospira. “Chissà perché ma adesso vorrei affrontare un altro fantasma piuttosto che vedere mia madre”. Liv scoppia a ridere e insieme ritornano a casa, troppo stanche per parlare.
    I corridoi del motel, fortunatamente, sono deserti. Arrivate alle loro stanze, la 111 e la 112, bussano trattenendo il respiro. Nessuna risposta.
    “Grazie al cielo sono ancora al bar” dice Jo, estraendo dalla tasca i due ferretti per far scattare le serrature.
    “Signorine, non dovreste già essere a letto?”
    Le ragazze si girano di scatto e osservano impotenti il loro incubo diventare realtà: Ellen e Bobby sono in mezzo al corridoio e, alla vista delle loro ferite di battaglia, sgranano gli occhi.
    “Cosa diavolo è successo?”.
    Jo e Liv si scambiano una profonda occhiata pensando che, dopotutto, la caccia non è poi così male.



    Spero vi piaccia ^_^ ^_^

    Edited by (Jesse) - 31/5/2010, 09:22
     
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  12. eli*dreamer
     
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    bello bello!mi piace davvero tanto
     
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  13. Amariah
     
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    Grazie Eli!!! Sono contenta che ti piaccia. ^_^ ^_^
     
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  14. Amariah
     
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    PREMESSA:
    prima di tutto spero che tutti voi abbiate passato un felice natale insieme ai vostri cari. ^_^
    Poi:
    1) questo capitolo l'ho appena finito di scrivere, sono stanca morta e quindi spero di essere perdonata per ORRORI (come dice il mio prof) di ortografia, sintassi e di contenuto. :D
    2) Linguaggio abbastanza pesante spero che non sia un problema; in caso contrario, fatemelo sapere.

    Buona lettura!



    Capitolo quattro



    Norfolk, Nebraska, 26 febbraio 2002

    Liv è seduta sul pavimento a gambe incrociate e tiene gli occhi fissi sulla parete davanti a lei, studiandone ogni singola crepa.
    Gioca distrattamente con il coltello che tiene sotto la manica della giacca pesante mentre le gambe le si stanno intorpidendo per il freddo, per non parlare delle mani che sono oramai due pezzi di ghiaccio.
    Ancora una volta si chiede perché tocca a lei fare da esca. Insomma, sono in quattro a partecipare a quella caccia (lei, suo padre, John e Dean) e proprio lei deve attirare quel demone? A quanto pare, il motivo è che le giovani e innocenti fanciulle sono le prede preferite dei demoni. Che fortuna, eh?
    Sam invece è al sicuro a Stanford. Liv non ha obiettato alla sua decisione; la vita di Sam è solo sua e Liv se n’è fatta una ragione, anche se il suo “fratellone” le manca moltissimo.
    Liv scuote il capo per liberarsi dalla testa ogni pensiero e concentrarsi sulla caccia: non può permettersi di distrarsi dato che lei è l’esca.
    Dato che l’area da ispezionare è vasta, i quattro cacciatori si sono divisi in due gruppi: John e Liv, Bobby e Dean.
    Così John le ha ordinato, senza giri di parole, di sedersi su uno dei tanti tappeti sudici del magazzino, sotto al quale il cacciatore stesso ha disegnato una semplice ma efficace trappola del diavolo. Il compito di Liv è quello di attirare l’attenzione del demone e di spingerlo nella trappola, sempre sotto lo sguardo attento di John, nascosto dietro l‘angolo.
    A dire la verità John le sembra molto più agitato, nervoso e distratto rispetto alle altre cacce alle quali la ragazza ha partecipato.
    L’aria si riempie di un odore acre che Liv riconosce come zolfo, il tipico odore rilasciato dai demoni. Liv stringe il coltello con più forza, preparandosi all’attacco.
    Poi, dall’angolo dove è appostato John si sente un colpo secco e Liv si gira in tempo per vedere il cacciatore cadere privo di sensi sul pavimento e due penetranti occhi giallo-paglierino che la fissano dall’oscurità del corridoio.
    “Tipico di John” sussurra il demone, quasi indignato. “Mettere come esca una persona a lui cara”.
    Liv scatta in piedi mettendosi in posizione di difesa, proprio quella che lei e Dean hanno ripassato due sere prima.
    “Fatti vedere, bastardo!” lo insulta Liv. Il suo obiettivo è quello di farlo avvicinare il più possibile e l’effetto è quello desiderato: il demone avanza, quasi strascicando i piedi fino a tre metri dalla ragazza.
    “La mamma non ti ha detto che una bella ragazzina come te non dovrebbe dire le parolacce? Oh perdonami, la mia memoria non è più quella di qualche secolo fa, la tua mammina è morta”.
    Il cuore di Liv manca un battito “Esci dalla mia testa!”
    Il demone ride, compiaciuto. “Non ti ho letto nel pensiero, Elisheva. Tua madre ti voleva così bene. Ha sussurrato il tuo nome prima di morire, insieme ad altre preghiere che non posso ripeterti”.
    “Che cosa ne sai tu!?” ringhia Liv, mentre un rivolo di sudore freddo le corre giù per la schiena. Come poteva quel demone sapere tutte quelle cose?
    “Non lo vuoi sapere davvero, credimi” risponde lui, con una punta di soddisfazione. “Solo pochissimi demoni, diciamo pochi eletti, conoscono la storia di tua madre, chi era in realtà Sue Godfrey, e ovviamente, chi sei tu” il suo sorriso si allarga mentre il suo sguardo si posa sul braccialetto che la ragazza indossa: l’unica cosa che le rimane di sua madre.
    La lucidità da "cacciatrice al lavoro" di Liv va a farsi benedire.
    “C-cosa vuoi dire?”
    Il demone fa un passo verso di lei ma poi si blocca guardando per terra. “Carina” commenta e, con un gesto della mano, sposta il tappeto costringendo Liv ad indietreggiare. Poi, il demone ruota la mano con un deciso movimento del polso e il bordo della trappola rivelata si rompe. Liv sgrana gli occhi, in preda al terrore, capendo che quel demone non è affatto uno di terzo livello come le aveva detto John: è uno dei pezzi grossi.
    Il demone si avvicina alla ragazza tanto che lei riesce a sentire la puzza di zolfo mescolata all’alito caldo dell’uomo che quel mostro sta possedendo.”Non voglio rovinarti la sorpresa. L’unica cosa che posso dirti, è che tua madre era una grandissima puttana”.
    Con uno scatto fulmineo, Liv alza il braccio per pugnalare quell’essere ma quello, con una velocità sorprendente, le afferra l’arto e lo torce all’indietro, fino a bloccarglielo dietro alla schiena poi spinge la ragazza contro la parete, immobilizzandola.
    “Lasciami brutto stronzo!”
    “Ancora con queste parolacce. Se quell’idiota di tuo padre non ti insegna le buone maniere, qualcuno dovrà pur farlo” dice il demone in un sussurro quasi dolce, poi stringe la presa su quel braccio sottile fino a farlo rompere con uno schiocco, secco come un colpo di pistola.
    L’urlo di dolore di Liv si propaga per tutto l’edificio.
    John, risvegliato dallo stato d’incoscienza proprio grazie a quell’urlo, si alza in piedi e fa per tirare fuori il sale e l’acqua santa ma Dean, arrivato dietro di lui proprio in quel momento, si rivolge al demone gridando “ Lasciala stare, figlio di puttana!”
    L’essere svanisce, liberando la stanza dal suo odore acre.
    Liv si appoggia alla parete reggendosi il braccio rotto mentre Dean la soccorre e Bobby raggiunge il trio.
    “Liv, cos’è successo?”
    “Credo che abbia il braccio rotto, Bobby” risponde Dean.
    “Se n’è andato” mormora John. Gli altri cacciatori lo guardano, confusi. John ha gli occhi vitrei e la bocca spalancata. Sembra in stato di shock,
    Liv abbassa lo sguardo, mortificata. “Zio John, mi dispiace tanto”.
    L’espressione di John cambia drasticamente: ora è deluso, quasi arrabbiato.
    “Ti avevo detto di aspettare e di intrappolarlo, conoscevi i miei ordini, Elisheva”.
    “Ha rotto la trappola, non so come ha fatto! Ti ha colpito prima di venire da me. Sicuramente si è accorto che io ero l’esca!”
    A quelle parole, Bobby si irrigidisce e fulmina l’altro cacciatore con o sguardo. “Hai usato MIA FIGLIA come ESCA?!”
    John sembra riacquistare un minimo di lucidità. “Sì, Bobby, ma lascia che ti sp-“
    “NON DEVI SPIEGARMI UN ACCIDENTI! MA COME TI E’ VENUTO IN MENTE!?”
    “Sa quali sono i rischi ai quali si va incontro cacciando. Sa quanto è rischioso-”.
    “MA TI RENDI CONTO CHE QUEL BASTARDO POTEVA AMMAZZARLA?” grida ancora Bobby. “NON POSSO CREDERCI CHE TU L’ABBIA ATTO ANCORA, JOHN! DAVVERO, QUANTI ALTRI DEVONO FINIRE IMMOLATI SULL’AMO PER TE? E CON LO STESSO RISULTATO PER GIUNTA?!”.
    Un lampo d’ira e di dolore illumina per un istante il volto di John, mentre Liv e Dean si guardano senza capire il discorso. “NON TI AZZARDARE, BOBBY, NON PROVARCI NEMMENO. Grazie a tua figlia, quel demone se n’è andato. Se non è pronta a cacciare, la prossima volta tienila a casa”.
    Liv abbassa lo sguardo, avvilita. Perché quel demone è così importante per John? Ed è forse più importante della sua vita?
    Dean guarda incredulo il padre. “Stai scherzando, vero? Liv è bravissima per la sua età. Casomai quello che ha qualcosa che non va sei tu! Se non fossi intervenuto, quel demone l’avrebbe ammazzata, ma tu eri così ansioso di prenderlo che non te ne sei nemmeno accorto!”
    “Taci, Dean!” lo sgrida John, passandosi la mano nei capelli in un moto di frustrazione.
    “E’ vero?” chiede Bobby, sconvolto più che mai.
    John sembra in difficoltà. “Bobby- io- non-“
    Senza pensarci due volte, il vecchio cacciatore gli punta contro il fucile. “Io. Ti. Ammazzo.”
    “Zio Bobby aspetta, non-“ balbetta Dean, preso alla sprovvista.
    John invece abbassa il capo, in silenzio.
    “Papà, no!” esclama Liv, frapponendosi fra i due uomini, tanto che il fucile le solletica la giacca all’altezza del cuore. “Calmati, ti prego!” geme ancora la ragazza, reggendosi il braccio rotto, ora gonfio.
    Bobby abbassa il fucile e si volta lentamente. “E’ meglio se le nostre strade si dividano, John, almeno per un po’”.
    Dean guarda Liv, sentendosi il cuore stringersi. Non vuole separarsi ne da lei ne da Bobby, ma John annuisce. “Come meglio credi, Robert”.
    Liv si avvicina a Dean e lo stringe in un abbraccio. “Ci rivedremo, tranquilla” scherza lui, dandole un bacio sulla fronte.
    Poi Liv fa un cenno di saluto a John e si volta per seguire il padre.
    “Livy?”
    La voce addolorata di John la fa bloccare.
    “Mi dispiace, piccola”.
    “Liv gli sorride. “Anche a me”.


    Bobby e Liv hanno appena superato il confine fra Nebraska e Sud Dakota e nessuno dei due parla dalla partenza da Norfolk.
    Bobby lancia un’occhiata alla figlia e si accorge che sta piangendo.
    “Ti fa male il braccio?”
    “Un po’” replica lei, rigida. In realtà quell’osso brucia così tanto da sembrare essere fatto di fuoco, ma non è quello che la fa stare male.
    “Liv, lo so che sei arrabbiata, ma cerca di-“
    “Capire? Papà, John ha ragione: conosco i rischi del mestiere e non puoi incolpare chi mi sta intorno se mi faccio male, ne puoi tenermi sempre sotto la tua ala protettiva”.
    “Dovresti leggere meno romanzi, Livy”.
    “Non sto scherzando, papà”sbuffa la ragazza.
    “E’ che se dovesse succederti qualcosa, io-“
    “ Andresti avanti per la tua strada e te la caveresti alla grande”.
    “Elisheva Robynn, non dirlo neppure per scherzo” Bobby alza la voce, con una stretta alla stomaco al solo pensiero della morte della figlia.
    “Lo sai che prima o poi avremmo dovuto affrontare l’argomento, era inevitabile. C’è la possibilità concreta che io muoia e, se dovesse accadere, non voglio che tu faccia niente di avventato e stupido, okay?” chiede Liv con le lacrime agli occhi.
    “Ma Bobby non risponde.
    “Okay?”
    “Sì, lo prometto, Elisheva, niente patti con i demoni o cose di questo genere”.
    Liv sorride, rincuorata, poi le viene in mente una cosa.
    “Papà, i demoni mentono, giusto?” chiede, con un dolore crescente al petto.
    “Sì, più spesso di quanto dicano la verità, perché me lo chiedi?”
    “Curiosità”.
    Bobby studia bene l’espressione seria della figli. Oramai la conosce troppo bene,
    “Livy, cosa c’è? Quel bastardo ti ha detto qualcosa?”
    Liv si agita sul sedile. “Sì, ma non preoccuparti, stava mentendo, ahhh” geme, tenendosi il braccio.
    “Ora andiamo al pronto soccorso e poi domani ti farai una bella dormita” dice Bobby e accarezza la guancia della figlia.
    “No, domani vado a scuola. Ho già saltato troppe lezioni e non voglio creare troppi sospetti”.
    “Ti piacciono proprio quelle lezioni, eh?” commenta Bobby, pensieroso.
    “Beh, ci sarebbe un tipo strafigo che-“
    La macchina sterza leggermente verso sinistra. “Elisheva, voglio nome, cognome e indirizzo di questo tipo”
    “Eddai, papà scherzavo!” ride Liv.
    Nella macchina scende ancora il silenzio.
    “Farai pace con John, vero?” chiede Liv, nuovamente preoccupata.
    “Forse, ma non subito Livy. Lasciami sbollire un po’ la rabbia. E’ stata la peggiore litigata che abbiamo mai avuto”.
    “Okay” risponde Liv. Prima Sam e ora Dean e John.
    La ragazza sente una piccola stretta al cuore e prega che suo padre sbollisca la rabbia in fretta.

    Note:
    - il riferimento alle esche è ovviamente la storia di Bill Harvelle, il padre di Jo morto durante una caccia con John. Bill era l'esca.


    Vi prego, recensite numerosi!!!! :D

    Edited by (Jesse) - 31/5/2010, 09:23
     
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  15. eli*dreamer
     
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    questo capitolo è bellissimo!!!!
    Mi piace assai...e Liv è troppo una grande!
     
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126 replies since 20/12/2009, 22:56   2240 views
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