Total eclipse of the heart

by Mik_94

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  1. Mik_94
     
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    Total eclipse of the heart

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    Prologo

    La donna fissava l'orologio. Immobile. Il ticchettio monotono delle lancette ,che si inseguivano sul quadrante del suo costosissimo orologio ,sembravano rendere il tempo interminabile. Sospeso. Lei,sempre calma,lucida e pacata in quel momento si sentiva come se tutta quella flemma che l'aveva sempre caratterizzata fosse stata spazzata via da un vento impetuoso … Vento? Ma quale vento! Meglio ancora da quella bufera che stava impazzando all'esterno e che ,impedendole di prendere il primo volo per Boston,l'aveva confinata lì. In quel maledetto aeroporto. Al solo pensiero lacrime di rabbia cominciavano a sgorgarle dagli occhi sempre ridenti e gioviali e la fronte candida le si cominciava a imperlare di sudore,nonostante il termometro indicasse che durante la serata le temperature erano scese sotto lo zero. Sbuffò. Ma perché il fato le era così avverso? Era una brava persona,lei ; conduceva una vita sana ,forse un po' monotona,era socia di una miriade di associazioni benefiche,il suo unico vizio era un caffè macchiato al mattino e un buon libro dal leggere prima di coricarsi e , negli ultimi anni la sua sola trasgressione era stata una notte brava passata con le amiche di sempre che le aveva causato una terribile nottata aggrappata alla tazza del water,tra lacrime e dolorosi pentimenti. Tuttavia il suo futuro si prospettava roseo accanto al suo George ,celebre pubblicitario che l'aveva conquistata col suo fascino,la sua sicurezza e ,cosa molto importante,col suo conto in banca. D'altronde si sa ,come già cantava Madonna nei lontani anni ottanta,viviamo in un mondo materiale e lei … beh … lei si era adattata!Portandosi lo sguardo all'anulare mormorò il nome di George mentre i suoi occhi venivano attirati dal favoloso luccichio dell'anello di Tiffany che portava fiera al dito da ormai diverse settimane. Tuttavia quel favoloso diamante ,che l'aveva sempre resa sicura e orgogliosa,ora,stranamente,riusciva ad innervosirla ricordandole tutto ciò che si stava perdendo a causa di quella tempesta che sembrava aver paralizzato,sotto il suo manto bianco,il mondo intero.
    Distogliendo lo sguardo dall'anello si accorse che,proprio di fronte a lei,un uomo la stava osservando. Sulle labbra aveva un enigmatico sorriso e i suoi occhi,decisamente attenti e vispi,non appena notarono la preoccupazione che traspariva dal volto della donna spronarono l'uomo a parlare e a prendere l'iniziativa.
    “Scusi”esordì “ma siccome l'ho vista assorta ho preferito non interromperla. Potrei sedermi accanto a lei perché tutti i posti a sedere sono occupati?”
    Oddio,pensò lei,l'ennesimo sfigato che cerca di attaccare bottone ma poi,rivolgendo lo sguardo alla sala d'attesa dell'aeroporto stracolma vide che quello accanto a lei era l'unico posto libero. “Certo”rispose e con un sorriso falso tolse l'ingombrante Louis Vuitton che aveva riposto sulla sedia accanto e cercò inesorabilmente di evitare lo sguardo del suo “vicino” che,da come si comportava,sembrava voler disperatamente flirtare con lei. Bene,ci mancava solo questo tizio,ora!
    “Dov'è diretta?”le chiese. “Boston”, “Affari di cuore?”chiese ,facendo cenno al vistoso anello che dominava sulla sua mano esile. “ Già...”rispose,evasiva “Mi sarei dovuta sposare...Ora”disse guardando di sfuggita l'orologio “ma come saprà con questo tempo è impossibile che gli aerei decollino!” Annui,fingendosi interessato alla vicenda. Lei proseguì e porgendogli la mano per presentarsi,disse “Comunque sono...” “So chi è lei.”la interruppe lui “Ho letto del suo matrimonio con quel pubblicitario su qualche quotidiano.” Lei annuì ,meravigliata per l'immenso interesse che i mass media avevano dimostrato per le nozze e per la notorietà che anche lei aveva acquisito nell'ultimo periodo. Entrambi,evidentemente imbarazzati,tacevano. Il silenzio fu protagonista assoluto dei minuti successivi e ,mentre lei si fingeva intenta a leggere alcuni sms ,lui teneva lo sguardo fisso nel vuoto ma i suoi occhi invece sembravano vivissimi e lasciavano in parte presagire i sentimenti annidati nel suo animo che comprendevano l'imbarazzo e il disagio generato dalla situazione. Poi quel lungo oblio che si era venuto a creare tra i due fu interrotto da una voce neutrale che avvertì tutti che il problema creatosi non poteva essere fronteggiato e che perciò lo staff dell'aeroporto aveva provveduto a sistemare tutti i “gentili passeggeri” in una modesta pensione poco distante da lì. La donna aggrottò la fronte e sul suo volto apparve un'espressione di disgusto. Modesta pensione ? Oddio,no! Conosceva quell'espressione retorica che veniva utilizzata da molti per indicare uno squallido motel frequentato da brutti ceffi,prostitute e chissà che altro!Cercò di ricomporsi , ricordando le attenzioni che le aveva rivolto per tutto il tempo il tizio accanto a lei, ma,quando si voltò,vide che lui non era più lì. Sulla sedia,dove fino a poco prima era stato seduto l'uomo ,c'era un vecchio diario. La copertina,che una volta era stata di un rosso vivo,ora appariva marrone e logorata dal tempo,le pagine era giallastre e all'interno non c'era né un nome,nè un recapito. Niente. Solo pagine e pagine occupate da una calligrafia fitta ma allo stesso tempo ordinata ed elegante . Lo ripose nella sua capiente borsa ripromettendosi di restituirlo al proprietario non appena l'avesse rivisto il giorno successivo e ,con i suoi tacchi traballanti,uscì dall'aeroporto avviandosi verso il taxi che l'avrebbe portata all'albergo.


    “La modesta pensione” in cui lei e gli altri passeggeri erano stati sistemati era un edificio fatiscente distante poche miglia dall'aeroporto. Nonostante la neve che era caduta per tutto il tempo avesse reso le strade candide e brillanti come non mai ,l'albergo era circondata da un'aura di mistero e agli occhi della donna appariva come lo scenario di un film horror di serie B,impressione che si era accentuata quando,entrando,aveva conosciuto Earl -il portinaio- che assomigliava in tutto e per tutto al Norman Bates di Psyco. Tali analogie le avevano messo i brividi e con il cuore in gola e le gambe tremanti si era diretta cautamente verso la sua stanza temendo che ,da un momento all'altro,un uomo,con in mano un ascia insanguinata,l'avesse colpita alle spalle e poi fatta a pezzettini. Nemmeno i suoi cari l'avrebbero riconosciuta! Chiuse gli occhi tentando di scacciare quegli assurdi pensieri. Ormai aveva ventotto anni e quella ragazzina che dopo aver visto qualche cruento film horror si rifugiava sotto il piumone rosa shocking per sfuggire ai denti aguzzi dei vampiri ,appariva come un ricordo vago ed opaco. Affrettò il passo e aperta velocemente la porta della sua stanza se la richiuse,con altrettanta velocità,alla spalle. Disfatta in fretta la valigia e recuperati gli oggetti più utili, si fiondò nel bagno cercando di liberarsi ,con una doccia calda e rilassante, dello stress che aveva accumulato nel corso della giornata. Tuttavia il suo obbiettivo fallì nel momento in cui,entrata in bagno,venne accolta dal sinistro squittio di grossi topi grigi che zampettavano liberamente sulle piastrelle bianche e semi-sgretolate dell'angusta stanza. Mettendosi entrambe le mani sulla bocca soffocò un gridolino di terrore e ,tirandosi indietro con agilità felina, richiuse la porta. Ci mancava solo questa pensò piagnucolando e infilandosi sotto le coperte come era solita fare da ragazzina per sfuggire a piccole preoccupazioni quotidiane. Stesa,con sguardo spento, fissava il soffitto,immobile,cercando di godersi in quella tragica serata almeno un po' di meritata tranquillità . Sospirò,stanca.
    “Oddio,John!Si!Si!Continua così ...”il silenzio fu interrotto dagli urli provenienti dal piano superiore e subito ad essi si aggiunse al chiasso generale anche il cigolio delle molle di un letto malandato e alcune passionali parole del celebre John.
    Questa sì che è la ciliegina sulla torta! Pensò la donna,ironica. Sonno bye,bye! Cominciò a rigirarsi nel letto e a fissare in un primo momento le pareti rovinate della piccola stanza d'albergo. La carta da parati era di un arancione sgargiante e in alcuni punti ,logorata,lasciava vedere la nuda parete. Ai muri erano affissi quadri anonimi e mediocri; per il resto il misero arredamento comprendeva una poltroncina color antracite ,sul quale giaceva un logoro cuscino ridotto quasi a brandelli, e un ampio comodino di legno sopra il quale era posta un'elegante abat-jour in netto contrasto con l'arredamento e ...eccolo li. Il diario che quell'uomo aveva dimenticato all'aeroporto. Allungò la mano verso il comodino che stava alla destra del letto e,senza nemmeno rifletterci un secondo,lo aprì. E, proprio mentre la parte più coscienziosa di lei le mormorava che non era giusto farlo,che non era più una bambina curiosa, cominciò a leggere avidamente il contenuto del diario.
    Dopo aver letto per diversi minuti ed essersi immersa in quella strana,affascinante ed irresistibile lettura distolse lo sguardo dalle pagine ma ,nonostante non sapesse il perché,i suoi occhi e la sua mente erano misteriosamente attratti da alcune parole chiave contenute tra le pagine di quel misterioso manoscritto . Magia. Morte .Amore. E benché la sua lucidità le dicesse,in quel momento,che erano necessario chiudere quel diario perché era certa contenesse qualcosa di oscuro e pericoloso al tempo stesso,il suo cuore sembrava ribellarsi.
    “E' rischioso!”disse l'esperienza.
    “Meglio chiuderlo”tagliò corto la ragione.
    “Metti a tacere quelle voci. Osa!”sussurrò l'istinto.

    Commentate

    Edited by (Jesse) - 31/5/2010, 15:31
     
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  2. sahany09
     
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    1a puntata? Intrigante. Avvisa del seguito.
    Complimenti. ciao.
     
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  3. dani61
     
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    Molto interessante questo primo capitolo - ma mi piace soprattutto il modo che hai di descrivere i particolari - fai assumere una forma chiara a tutte le cose che descrivi - questo rende tutto il racconto molto completo e reale - complimenti davvero !!!!!
     
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  4. Mik_94
     
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    CAPITOLO I

    Da dove si comincia a scrivere una storia? Nella vita , perlomeno in quella delle persone comuni , non ci sono mai svolte improvvise o inizi netti , né tanto meno eventi degni di essere raccontati. Ma la storia ,che già da un po' di anni a questa parte avevo intenzione di metter nero su bianco,non è incentrata su gente comune. E' la mia. La nostra storia. Una storia di magia. Morte. Amore...
    Non ti nascondo caro diario che, proprio in questo momento, alzando gli occhi sulla pagina bianca che man mano si sta riempiendo di frasi e di periodi sempre più complessi mi sento più stupido che mai e il cuore mi si riempie di vergogna. Per un attimo mi sono illuso. Già … a chi mai potrà interessare questo mio racconto ? Perché lo sto facendo? Ma ,nel preciso momento in cui la mia mente formula questi pensieri, il mio sguardo si posa su di lei che,serena,dorme distesa sul letto a pochi metri da me. Proprio in quel momento , soffermandomi sui suoi capelli lunghi e morbidi sparsi sul cuscino ,sulla sua pelle candida e imperlata di sudore ,mi rendo conto di aver finalmente trovato la risposta alle mie domande. Tutto per lei. Solo per lei che ,quando avrò finito di scrivere questa storia,sarà lontana. Chi sa dove. Ma quando cominciò davvero tutto? Sospiro,scuoto il capo e sorrido nonostante la situazione in cui mi trovo . Ho pensato e ripensato a questa storia,cercando di trovare le parole adatte e il giusto spirito per scrivere tutto ciò che ricordo,che per me è importante.
    Comincerò con il presentarmi:mi chiamo Milo Goode e all'epoca degli avvenimenti che cambiarono per sempre la mia vita avevo sedici anni e vivevo nella cittadini di Eureka,California. Allora pensavo che la mia vita fosse un disastro. Già,che novità … un adolescente che odia l'ambiente che lo circonda,i suoi familiari,i suoi compagni di classe,i suoi insegnanti e la sua intera vita... Ma,nel mio caso la situazione era un tantino diversa. I medici mi definivano affetto dalla Sindrome di Asperger,uno speciale tipo di autismo chiamato “autismo ad alto funzionamento”.Però non lasciatevi ingannare,perché essere affetto da tale sindrome non significa che una persona non sia intelligente o che sia in qualche modo aggressiva verso gli altri. Tutti sono differenti a modo loro,ad esempio ad una persona può piacere il calcio,all'altra il basket;ad una il pop,all'altra il jazz e così via...Bhe ma una persona affetta dall'Asperger è molto,molto più differente rispetto a chiunque altro. Comunque all'epoca queste informazioni,che consideravo solo banalità, non riuscivano a darmi consolazione e potreste capirmi conoscendo almeno un po' i sintomi di questa sindrome che rendevano la mia vita sociale completamente inesistente :incapacità di leggere le espressioni facciali della gente,di guardarla negli occhi o in faccia,di instaurare rapporti con essa,di esporre i miei sentimenti … Ma se dicessi che secondo numerosissimi studiosi Michelangelo,Newton ed Einstein soffrivano di questo”male” e che proprio questa patologia offrisse loro un qualcosa di più rispetto alla normalità?Già, perché tutti,proprio tutti quelli che come me sono affetti da questa sindrome hanno un'attenzione ossessiva per determinati dettagli che a tutti possono sembrare impercettibile e su determinati argomenti che li ossessionano possono raggiungere un livello di competenza superiore a chiunque. Io non facevo eccezione. Suppongo che la mia passione si sviluppò quella sera. A Central Parc. Ricordo che quella fu la prima volta in cui assistei al concerto di mia madre,Laila Russel. Avevo all'incirca cinque anni .Fu proprio quello il momento in cui cominciai a guardarla con occhi diversi e cominciai pian piano ad appassionarmi ad un mondo fatto di sentimento,sacrificio,passione,immaginazione...Il mondo della musica.
    Mia madre Laila partì da Eureka alla volta della grande mela quando aveva 18 anni ;aveva vissuto fino al momento della partenza una vita che non le apparteneva soffocata dalle tradizioni familiari e della morbosa religiosità dei suoi genitori:un pastore luterano e una piissima casalinga tutta casa e chiesa. Pertanto il suo destino sembrava già prestabilito:due marmocchi da sfamare,un marito continuamente assente che l'avrebbe inevitabilmente tradita con la sua migliore amica e lasciata,abbandonandola con un mutuo sulle spalle e un mare di pannolini sporchi da cambiare. No,quella vita non le andava bene! Ma il suo unico riscatto fino a quel momento era stata la musica,l'unica ragione in grado di ricordarle che il tempo esistesse ancora perfino lì,in quel paesino dimenticato da Dio. Pertanto,portando con sé solamente poche cose e un bagaglio carico d'ambizione,giunse a New York per perfezionare lo studio del pianoforte presso la Julliard, una delle scuole più prestigiose del mondo. E' inutile dire che le cose inizialmente non furono facili ma alla fine il talento trionfò e tutti si stupirono dell'enorme talento e dell'immensa creatività di quella ragazza del sud che fino ad allora aveva studiato pianoforte presso l'oratorio del suo paese per sfuggire alla monotonia delle giornate estive;un sogno che si realizza,insomma. All'improvviso cominciarono a piovere ingaggi:tutti i migliori teatri desideravano collaborare con lei,tutti i giornali intervistarla. Questo ,però, durò per poco. Infatti tutto cambiò quando incontrò mio padre,Ryan Goode, militare in licenza senza alcun ambizione che la conquistò col suo fare romantico e i suoi modi da uomo di vecchi tempi. Si sposarono poco dopo il loro incontro e nove mesi dopo nacqui io.
    Com'è prevedibile,caro diario,la mamma mollò tutto per prendersi cura di me allarmata anche dalle diagnosi di alcuni dottori che mi avevano definito fin da subito un bambino problematico.
    Poi arrivò l'11 settembre...e.... tutto cambiò. I rapporti fra gli Usa e l'oriento divennero precari. La guerra fu inevitabile. Papà venne richiamato in esercito e mamma non potendo tirare avanti da sola in una città come NY fu costretta a ritornare a Eureka,città che si era felicemente lasciata alle spalle solo pochi anni prima. In un paesino con poco più di ventimila abitanti una donna che viveva da sola col figlioletto problematico, arrotondando lo stipendio impartendo qualche lezione privata di piano andava contro la rigida morale dei cittadini e se secondo loro separatamente non due “funzionavamo”,insieme facevo scintille. Vivevamo in simbiosi. Solo lei. Il resto del mondo l'avevo dimenticato. Un giorno poi,quando ero abbastanza grandicello,fu richiamata dalla Julliard per un concerto tenuto dai vecchi studenti a Central Park. Quella fu la prima volta che la ascoltai suonare. Si,certo!A casa già l'avevo sentita diverse volte suonare... ma non l'avevo mai veramente ascolta...non so spiegarlo ma per me quello fu il primo giorno del resto della mia vita. Infatti durante quel concerto io la conobbi per quella che era veramente e per la prima volta riuscivo a vedere al di là delle luci soffuse dell'auditorium che era stato allestito,al di là dell'eleganza degli spettatori o della bellezza del suo viso...finalmente io,bambino nemmeno in grado di decifrare le espressioni facciali della gente né di esprimere verbalmente i miei sentimenti,riuscivo a vedere la sua anima che in quella fresca serata estiva sembrava brillare come le mille lampadine rosse,verdi e azzurre sparse sugli alberi e come la luce delle torce al cherosene sparse qua e là. Con immensa meraviglia,rendendosi conto del mio stupore e della mia passione per la musica negli anni successivi mi insegnò tutto quello che sapeva con impegno e costanza e ben presto mi ritrovai assorbito da note musicali,crome,spartiti ,frequenze e intense melodie.
    Poi un giorno,come se niente fosse,suppongo mentre stava lavorando al suo ultimo componimento,si accasciò a terra e morì. Lasciandomi solo contro il resto del mondo. Avevo dodici anni. Ricordo ancora nitidamente il suono della sirena dell'ambulanza che la portò via . Le parole dei medici. Il suo funerale. La pioggia che quel giorno cadeva lenta sulla città come se qualcuno,lassù,fosse partecipe del mio dolore e stesse piangendo per la perdita di quella donna fantastica. Inutile dire che alla cerimonia parteciparono in pochi … in paese tutti l'avevano odiata,giudicata e disprezzata per il suo tenore di vita … Suppongo che sia proprio questo il motivo per cui anche oggi,a distanza d'anni,il mio cuore si riempie di tristezza e rabbia. Perché nessuno aveva capito che donna fosse e quanto fosse importante nella mia vita.
    A quel punto papà si congedò e venne a vivere ad Eureka,per prendersi cura di me dato che i miei nonni,nel momento in cui mamma aveva messo piede a New York ,avevano smesso di rivolgerle la parola e per me erano praticamente due estranei.
    Devo ammetterlo all'inizio vivere con papà non fu facile. Non era in grado di interpretare i miei lunghi e inspiegabili silenzi,di consolarmi durante i miei numerosi attacchi di panico,di farmi tornare a sorridere come faceva lei. All'inizio quando mi guardava credevo di poter leggere nei suoi occhi vergogna e dispiacere. Non lo biasimavo poiché ero consapevole dei desideri che nutrivano tutti i genitori. Lui,proprio come tutti i papà,desiderava assistere alle partite di pallone di suo figlio,di guardare con lui i mach di wrestling,di parlare con lui di sport e di ragazze,di vederlo innamorarsi,crescere,mettere su famiglia. Un figlio di cui andare fiero,insomma. Quindi quando poggiava gli occhi su di me mi giudicava un handicappato isolato nel suo mondo immaginario e continuamente ossessionato da quell'assurda fissazione per la musica. O almeno credevo questo. Ma la realtà era che lui mi aveva sempre voluto un gran bene,che mi fissava di continuo perchè gli ricordavo tanto la mamma e che,in pratica,eravamo due estranei sotto lo stesso tetto. Ma scoprirò questo a distanza di tempo.
    Gli anni si susseguirono con una lentezza indicibile e almeno,per quello che ricordo ,non furono caratterizzati da nessun avvenimento degno di nota. Il primo anno delle superiori passo velocemente,tra una lezione di greco e un'altra di storia dell'arte,e con molti sacrifici e tanto studio venni promosso senza problemi. Ovvio, cosa poteva fare uno come me se non studiare tutto il pomeriggio? Intanto la mia passione per la musica proseguiva e ,come al solito, la mia vita sociale era pari a uno zero. Inesistente. Poi,durante il secondo anno,arrivò lei e la mia vita cambiò.



    CAPITOLO II

    Non lo ricordo con esattezza ,ma suppongo che quel giorno cominciò come tutti gli altri. Suppongo che,come di consuetudine,mi trascinai a fatica dal letto svegliato dai raggi del sole filtrati dalle persiane e abbia mormorato un saluto rivolto alla foto posta sul comodino in cui mia madre,ancora giovane e bella,sorrideva all'obbiettivo. Lo facevo ogni mattina,d'altronde.
    Però ricordo con certezza che,quando misi i piedi giù dal letto, quel giorno stabilii un obiettivo. Il nuovo anno scolastico ,che era ormai alle porte, sarebbe stato diverso .Io sarei stato diverso. Avrei fatto degli sforzi,cercato di farmi nuovi amici ,anzi degli amici dato che se per caso un passante occasionale avesse scrutato la rubrica di quel rottame di cellulare che mi portavo dietro avrebbe scoperto che conteneva solo una decina di nomi:compreso quello di mio padre e della signora Selena Stewart ,la psicologa scolastica,ovviamente !
    Perciò quella mattina avrei varcato la porta del liceo pubblico di Eureka con uno spirito diverso. In mente un obbiettivo da raggiungere. Appena sveglio però le cose cominciarono a non andare per il verso giusto infatti,quando distrattamente mi soffermai sulla sveglia elettronica posta sulla scrivania notai che erano le otto passate. Cazzo!Ero maledettamente in ritardo. Mi restavano meno di dieci minuti per lavarmi,vestirmi e raggiungere a piedi la scuola! Passai rapidamente in rassegna l'armadio traboccante di vestiti che mi ero proposto di ordinare l'inverno passato e alla fine optai per un paio di jeans chiari e sformati e una semplice felpa blu,dominata per lo più dalla familiare virgola della Nike. Stringendo in mano una delle mie Converse scure mentre scostavo freneticamente le altre poche calzature ammucchiate sul fondo dell'armadio per cercare l'altra scarpa mi ritrovai a pensare che nulla poteva andare peggio di così. Intanto inforcai in fretta i miei occhiali da vista e cercando in qualche modo di sistemarmi i capelli castani ed impettinabili presi lo zaino e mi avvia verso la scuola. La campanella che indicava l'inizio della prima ora era da poco suonata,in molti bighellonavano per i corridoi scambiandosi confidenze e raccontandosi ciò che avevano fatto durante l'estate,i più diligenti invece erano già seduti in classe pronti a prendere appunti e a cominciare un nuovo ed intenso anno scolastico.
    Ricordo di aver studiato il primo anno che la società egizia aveva una struttura gerarchica. In cima alla piramide stavano il faraone e la sua famiglia . Seguivano gli alti funzionari, come il visir, i sommi sacerdoti dei vari culti e gli alti ufficiali dell'esercito. Poi venivano gli scribi, i sacerdoti, i militari, gli artigiani e gli operai specializzati. La base della società egizia era formata dai contadini, che costituivano la maggior parte della popolazione; sotto i contadini stavano gli schiavi, la cui posizione non era ben definita.
    Proprio come l'Egitto anche il liceo di Eureka era diviso in “classe sociali”. Già ,lì c'erano proprio tutti:le matricole,i secchioni,gli atleti,i vip,gli emo,i fattoni,le cheerleder e poi c'ero io ,che in quella fredda e umida mattinata di settembre ,vagavo ,invisibile come Patrick Swayze in Ghost, per i corridoi in mezzo a gruppi di studenti che si divertivano,allegri,all'entrata.
    Una svolta. Una svolta .Voglio una svolta. Continuavo a pensare ma ,nonostante il mio metro e settantacinque scarso e qualche chilo in eccesso,agli occhi di tutti sembravo invisibile.
    Poi tutto accadde velocemente. L'urto,il caffè bollente a contatto con la mia pelle,l'odore del liquido amaro che impregnava i vestiti,il dolore che provai quando,di schiena,caddi supino a terra sono ricordi ancora vividi nella mia mente. Sinceramente non ricordo cosa pensai,suppongo che mormorai un insulto rivolto a quel coglione che,urtandomi sbadatamente,mi aveva rovesciato addosso una tazza di caffè fumante appena uscito dalla macchinetta. Altrettanto probabilmente avvampai in viso e mi arresi al fatto che,dopo quell'entrata “trionfale”a scuola,il mio obbiettivo era miseramente fallito. Alzandomi goffamente dal pavimento bagnato mi voltai e vidi che la persona che mi aveva urtato non era né un giocatore di football né un dei tanti ripetenti per i quali avrei potuto rappresentare il bersaglio perfetto per scherzi e angherie. Era una ragazza,una bellissima ragazza. Feci un respiro di sollievo capendo che si era trattato solo di un incidente e non di uno scherzo di cattivo gusto e inforcando nuovamente gli occhi che mi erano scivolati da sopra il naso,mi chinai a terra per aiutare la mia misteriosa “assalitrice” a raccogliere i molti fogli che aveva lasciato andare durante l'impatto e che,di conseguenza,erano sparpagliati un po' ovunque come un mucchio di foglie secche spazzate dall'impetuoso vento autunnale. Senza nemmeno una parola ci mettemmo silenziosamente all'opera e ben presto liberammo il pavimento dai quella marea di fogli e quando velocemente feci per darglieli notai che quelli non erano semplici appunti bensì spartiti per pianoforte che comprendevano alcuni dei miei autori preferiti:Chopin, Mozart, Debussy,Beethoven. Lei me li tolse delicatamente da mano e con estrema timidezza mormorò: “Scu...” ma prima che potesse scusarsi la interruppi e con grande impazienza e meraviglia le chiesi : “Tu suoni?”
    Prima che potesse rispondermi la guardai da capo a piedi imprimendo nella mia mente le sue caratteristiche principali come le note di una melodia.
    Supposi che avesse la mia stessa età,dato che,da quello che avevo capito,quando c'eravamo scontrati era diretta lezione di Madame Duprèe, la mia stessa insegnante di francese.
    Era più bassa di me ,suppongo sul metro e sessanta, e non aveva il classico fisico da cheerleader o da top model. Era una ragazza esile,di corporatura fragile con una vita sottile e i fianchi rotondi sopra a un paio di gambe snelle e bene proporzionate. I lucidi capelli di un castano-dorato erano abbelliti da un extension viola che lasciava in parte percepire il suo carattere ribelle e a tratti contraddittorio . Il viso era delizioso:un ovale quasi perfettamente dominato da un paio di incredibili occhi color zaffiro orlati da lunghe ciglia scure e vellutate. Gli zigomi erano stati tinti dal sole estivo di un luminoso color pesca,le sopracciglia sottili ricordavano un gabbiano in vole mentre il naso piccolo e delicato una lettera di un antico manoscritto arabo. I jeans aderenti rendevano le sue gambe affusolate e nonostante indossasse una semplice T-shirt color lilla e un paio di scarpe sportive ai miei occhi appariva come la ragazza più bella che avessi mai visto.
    “Si”disse.
    Annuii educatamente e ,ricordandomi per un momento le regole della buona educazione ,mi presentai:“Comunque io sono Milo”
    La sua mano scivolò nella mia e la sentii così liscia che sembrava guantata. Lo smalto sulle sue unghia era di un viola elettrico.
    “Scusa ma devo proprio andare,è il mio primo giorno di scuola oggi e sono già tremendamente in ritardo;non vorrei fare brutta impressione ai prof,sai. Mi puoi venire a cercare all'auditorium del liceo tutti i pomeriggi dalle tre alle cinque,se vuoi”.
    Mentre stava per andarsene dissi: “ Scusa,ma non ho capito il tuo nome...”
    Lei,con un sorriso enigmatico stampato sul viso,mi disse: “Perché non te l'ho detto.”
    Poi ,voltandosi,sparì entrando nella prima classe sulla destra.
    Wow! Le avevo rivolto la parola. Non potevo crederci e sorrisi ripensando a quel “Mi puoi venire a cercare all'auditorium ,se vuoi”. Nonostante la mia scarsa conoscenza del mondo femminile sapevo che quello era un chiaro invito. Voleva rivedermi.

    A letto,quella sera,pensai al modo in cui i suoi incredibili occhi si erano fermati per un attimo nei miei,alle sue labbra rosse e carnose,ai suoi capelli luminosi,al suo delizioso naso aquilino. Mi batteva forte il cuore quando pensavo a lei.

    Edited by (Jesse) - 31/5/2010, 15:32
     
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  5. dani61
     
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    Molto bello e originale il dialogo con il diario! Comunque mi colpisce sempre molto il modo che hai di descrivere anche i più piccoli dettagli - complimenti!!!!!!!!!!
     
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4 replies since 10/5/2010, 18:51   189 views
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