Paria dei Cieli

racconto in due parti by Hunter92

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  1. Hunter 92
     
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    Ci tengo a precisare fin dall'inizio che questo racconto non trae alcuna ispirazione dal romanzo di Isaac Asimov al di fuori del titolo. Mi è sembrato semplicemente il più adatto per una storia che mi ronzava in testa da qualche tempo.
    Non è niente di speciale né originale, però la considero una bella storia che vale la pena di essere raccontata.
    E' una storia di incontro, di tre persone che non centrano nulla tra di loro ma che si ritrovano a far fronte ad un nemico comune.
    E' una storia di espiazione, di un povero angioletto oppresso dai sensi di colpa, in cerca di un senso per la sua esistenza.
    E' una storia d'azione, di uomini contro demoni e demoni contro angeli.
    E' una storia breve... e questa è la prima parte!

    Parte I di II - Paria dei Cieli

    L’orario di chiusura era passato da un pezzo.
    Tutti i clienti avevano lasciato il locale.
    Tutti tranne uno.
    Era un uomo di mezza età, dal capelli chiari, la barba lunga, gli occhi azzurri e un’espressione a metà strada tra il depresso e l’incazzato. Se ne era stato seduto per la maggior parte della serata da solo in un angolo a bere un bicchiere di whisky dopo l’altro. Non aveva parlato con nessuno e nessuno gli aveva detto nulla.
    Del resto, quando un tipo del genere, alto quasi due metri e spesso come un armadio a due ante, se ne sta in disparte con una faccia come quella, dopo aver bevuto una simile quantità di alcol nessuno che sia sano di mente, gli darebbe fastidio.
    Julie però era stanca. Aveva una gran fretta di staccare, tornare a casa e farsi una doccia.
    Si avvicinò al tipo nell’angolo. Si schiarì la voce.
    “Scusa, ma il locale sta chiudendo.”
    Quello non diede segno d’averla sentita.
    “Ehi, tutto bene?”
    Che domanda idiota. Dopo tutto il whisky che aveva buttato giù di per sé era già un mezzo miracolo che quel tizio non fosse finito in coma.
    Però quando si voltò e la guardò in faccia, i suoi occhi erano ancora lucidi, e quando parlò il suo tono non era impastato. Non era ubriaco. Sapeva reggere bene l’alcol, questo era indubbio.
    “Come?”
    “Il locale. Sta chiudendo – ripeté Julie – Dovresti... ecco... andartene a casa.”
    L’uomo sbuffò.
    “Casa. Sì. Ho molta nostalgia di casa mia... ma dopo questa notte, dubito che mi sarà concesso di tornarci.”
    Aveva pronunciato quest’ultima frase con tale dolore che Julie, nonostante la stanchezza, non potè fare a meno di incuriosirsi.
    “Problemi in famiglia?”
    L’altro sorrise tristemente.
    “Sì, qualcosa del genere, immagino. Diciamo che la mia è una famiglia molto... numerosa. Di recente ho deluso parecchio i miei... fratelli maggiori. Quando sono delusi tendono ad arrabbiarsi. E non sono per niente piacevoli, quando si arrabbiano.”
    Julie ebbe una smorfia.
    “Ti capisco, sai. Io ho due sorelle e non sempre andiamo d’accordo.”
    “Dimmi, Julie, le tue sorelle arriverebbero a strapparti un braccio per punirti?”
    La ragazza non seppe se prenderlo sul serio. Non si rese nemmeno conto di non avergli mai detto il suo nome.
    “Come, scusa...?”
    “Niente, niente... solo non credo che tu possa capirmi.”
    Lei si strinse nelle spalle.
    “Beh, in ogni caso, mi spiace per te. Ma io devo chiudere, quindi se gentilmente...”
    “La vuoi sentire una storia?”
    Julie sbuffò. Perché proprio quella sera doveva capitargli il maniaco depressivo in crisi? Lei non sapeva nemmeno come fare per mandarlo mia. Sbatterlo fuori dalla porta non poteva di certo. Forse, se lo fosse stato a sentire, se ne sarebbe andato di sua volontà.
    “Dipende. È molto lunga?”
    “No, non proprio.”
    Alzando gli occhi al soffitto, la ragazza si appoggiò al bancone.
    “Dopo te ne andrai?”
    L’uomo sorrise tristemente.
    “Sì, dopo me ne andrò.”
    “Va bene, allora.”
    Quello attese un attimo, come per riordinare le idee. Quindi, parlò.
    “Immagina una guerra, Julie. Una guerra combattuta tra due schieramenti che sono nemici da più tempo di quanto chiunque possa ricordare, tra cui non può esistere alcuna forma di dialogo, tregua o mediazione. Una guerra lunga e crudele, mirata esclusivamente al totale annientamento della parte avversa. Una guerra combattuta in un luogo pieno di persone innocenti, che con essa hanno poco o nulla a che vedere. Le sono estranee, non la vogliono e non la comprendono, senza nemmeno rendersi conto di essere parte del contendere. Molte di loro sono morte, questo perché nessuna delle due parti ha veramente a cuore la loro salvezza. Immagina un soldato. Immagina un guerriero di una delle due parti. Un grande guerriero, nato e cresciuto esclusivamente per la battaglia. Una macchina per uccidere assolutamente priva di rimorso e pietà. Un giorno al guerriero venne affidata una missione. Fu inviato, lontano dalla casa e dai suoi compagni, in incognito a osservare le mosse del nemico e riferirle ai suoi comandanti. Così egli si ritrovò da un giorno all’altro costretto a vivere in un luogo sconosciuto, a stretto contatto con quelle persone innocenti che lui disprezzava e odiava, considerandole primitive, inferiori ed indegne. Con il trascorrere del tempo successe però qualcosa. Il guerriero cambiò. Imparò a conoscere questi uomini e queste donne, imparò a comprenderli e a capirli, a comportarsi come loro, ad essere come loro. Gli piacque. Il guerriero cambiò. Non fu più un cieco e insensibile distributore di morte. Per la prima volta nella sua esistenza, provò dei veri sentimenti. Un tempo avrebbe considerato ciò una debolezza. Non la pensava più in questo modo. Non aveva completamente torto, ma neppure completamente ragione. Quella sarebbe stata la sua rovina. Mentre lui aveva osservato il nemico, era stato a sua volta osservato. Il nemico lo conosceva bene. Sapeva cosa gli era accaduto e ne approfittò. Un giorno il guerriero incontrò e si scontrò con una dei condottieri dello schieramento nemico. Quel giorno commise uno dei crimini più gravi a lui possibili. Se ne innamorò. Lei era crudele, malvagia. Lui lo sapeva, e forse proprio per questo la amava. Per un certo periodo di tempo credette che il suo sentimento fosse ricambiato. Si sbagliava. Lei lo usò. Rivolse i suoi sentimenti contro di lui, a sua insaputa lo sfruttò per tendere un agguato ai suoi compagni. In molti morirono. Il guerriero capì di essere riuscito a rovinare la sua intera esistenza. Per lui non ci sarebbe mai stato alcun perdono. Non dopo quello che era successo a causa sua. Lo sapeva benissimo. Era diventato un paria, un intoccabile, maledetto da tutti. Una parte non l’avrebbe mai accettato, l’altra più voluto. Per lui era la fine.”
    Detto questo rimase in silenzio fissando il vuoto di fronte a se.
    Julie si riscosse. La storia di per sé era piuttosto banale. Però quell’uomo l’aveva raccontata con un tono particolare, pieno di dolore e rammarico.
    “E poi?” gli chiese.
    L’altro si riscosse.
    “Poi? Non lo so. La storia, per il momento, si ferma qui. Forse andrà avanti, forse no. Non ne posso essere certo.”
    “Cos’è, una specie di libro? Sei uno scrittore?”
    “Uno scrittore, io? – pareva vagamente divertito, forse anche lusingato – No, decisamente no. Gli scrittori sono dei visionari e dei sognatori. Io non ho mai avuto la capacità di sognare, né di sperare. Sono solamente un... un uomo di guerra.”
    “Ah...” Julie non seppe cosa dire.
    L’altro parlò per lei.
    “Devo usare il bagno. Poi me ne andrò, lo giuro.”
    Julie si riscosse.
    “Sì, certamente. È da quella parte” Gli indicò una porta alle sue spalle.
    “Grazie.”
    L’uomo si alzò in piedi e scomparve dietro alla porta.
    Julie sospirò. Chi era veramente quel tizio? Un soldato? Il racconto in realtà parlava di lui? Non aveva molto senso. Che cosa centrava la sua famiglia? Che genere di problemi poteva avere con loro?
    Assorta com’era in questi pensieri, non si accorse di una nuvola di fumo nero che, da sotto la porta delle cucine, si stava insinuando nella stanza.

    Mentre il labrador al suo fianco uggiolava penosamente Rick si maledisse per la sua stupidità.
    Dannazione!
    Aveva appena vent’anni. Gli ultimi tre della sua vita erano stati spesi Cacciando dopo che un demone aveva ucciso il suo migliore amico. Quella sera gli era stata concessa l’occasione di pareggiare i conti. Ma lui l’aveva sprecata.
    Una bambina. Soltanto una bambina. Era stata posseduta da un demone minore, una mezza sega, senza nessun motivo in particolare, solamente per seminare un po’ di dolore e disperazione in questo mondo di lacrime. Un lavoretto facile facile. Questione di portare il bastardo su una Chiave di Salomone e recitare l’esorcismo. E invece no!
    Un errore. Un piccolo, microscopico, banalissimo errore. Si era confuso nel tracciare il cerchio mistico. Una minuscola imperfezione che faceva la differenza tra una perfetta trappola per demoni ed un patetico sgorbio sul pavimento privo della benché minima utilità.
    Il demone si era liberato. Lui era stato costretto a sparagli. Certo, le nuove munizioni avevano funzionato alla grande. Gli avevano salvato la vita. Ma la bambina era morta. E il bastardo era scappato.
    Incitò il suo compagno: “Dai, Fen, cerca!”
    Il segugio chinò il capo e corse via nella notte. Quel cane era stata una vera e propria manna dal cielo. Gli animali avevano un sesto senso nel riconoscere le creature soprannaturali. I cani poi erano ottimi per seguire la lieve puzza di zolfo che i figli di puttana infernali si lasciavano dietro. Quello che loro stavano seguendo non poteva essersi allontanato troppo.
    Rick si fermò. Il cane stava puntano l’ingresso di un pub dall’altra parte della strada. Dentro le luci erano ancora accese. Strano, a quell’ora. Ininfluente, per lui.
    Un bieco sorriso si accese sulle labbra del Cacciatore. Questa volta non avrebbe sbagliato.

    L’uomo uscì dal bagno. Julie lo vide. Il suo corpo si voltò verso di lui. Non lei, solamente il suo corpo. Non aveva più alcun controllo su di esso. Probabilmente ce l’aveva quel fumo nero che le era entrato nella bocca. Ora lei sentiva solamente dolore. Tanto dolore.
    La creatura infernale non capì chi aveva di fronte.
    Lui aveva percepito la presenza del demone dall’altra stanza. Ora ne vedeva il vero volto oltre il viso sorridente di Julie.
    “Tutto a posto?”
    “Tu non sei Julie.”
    Aveva parlato con semplicità.
    Il sorriso divenne un ghigno crudele. Il demone non sapeva come quell’idiota se ne fosse accorto, ma non aveva importanza. Ben presto lui sarebbe morto.
    Gli occhi di Julie divennero completamente neri.
    “Mi spiace per te, amico. Posto sbagliato al momento sbagliato.”
    Ora toccava all’altro sorridere. I suoi occhi divennero gialli, luminosi.
    “Io dico di no.”

    Di colpo le luci del pub si spensero. Fen latrò. Rick non capiva.
    Da oltre i vetri un immenso bagliore invase la strada. Il Cacciatore distolse lo sguardo.
    Non poteva sapere cosa stesse succedendo là dentro. Ma non aveva molte alternative per scoprirlo. Qualunque cosa ci fosse, lui doveva fare irruzione. Era per questo che si allenava ogni giorno per ore. Per non esitare. Per imparare a dominare la paura. Per fare il suo lavoro quando andava fatto. A qualsiasi costo.
    Strinse più forte la sua pistola. “Fen, dietro di me!”

    L’uomo fissava il corpo di Julie ai suoi piedi. L’essere che albergava in lei era morto. Non tornato all’Inferno, morto. Anche la ragazza era stata morta per breve tempo. Lui però aveva richiamato il suo spirito al corpo prima che fosse troppo tardi. Era una persona buona. Meritava una seconda possibilità. Di quella esperienza avrebbe solamente serbato un brutto ricordo, come di un sogno, o forse un incubo.
    La porta del locale crollò sotto una robusta spallata.
    Un giovane uomo fece irruzione. Stringeva con decisione una pistola nella mano destra e una torcia in quella sinistra, ma lui riusciva a vedere la paura covare sul fondo dei suoi occhi scuri.
    Il ragazzo guardò prima il corpo di Julie, poi l’uomo in piedi vicino a lei.
    Gli puntò contro la pistola.
    “Ciao, Rick.”
    Dietro di lui entrò un cane, un grosso labrador. Non appena lo vide gli abbaiò contro una sola volta, poi chinò il capo e si mise ad uggiolare.
    Il ragazzo sparò. Lo fece senza pensarci, spinto dal solo istinto. Quello non era un essere umano normale. Tanto gli bastava.
    Lui sentì il proiettile piantarsi nel suo stomaco. Avrebbe potuto fermarlo a mezz’aria con facilità. Ma scelse di non farlo. Non voleva spaventare Rick più di quanto fosse necessario. Dimostrargli i suoi pieni poteri avrebbe sortito l’effetto opposto.
    “Non hai da temere, Rick, non da me.”
    Il proiettile emerse dalla ferita e cadde al suolo tintinnando. Il foro d’entrata si stava già rimarginando.
    Rick deglutì.
    “Non voglio farti del male, Cacciatore.”
    “Chi sei tu? Che cosa sei?”
    “Nessuno pronuncia il mio vero nome da così tanto tempo che per me non ha più un significato. Da oltre duecento anni a questa parte ho usato il nome di Chip. Puoi chiamarmi in questo modo. Non sono tuo nemico. Sono solamente un soldato, che da questa sera non ha nulla per cui lottare. Fino a questa mattina ero un angelo del Signore. Non so cosa sarò al termine di questa notte.”
     
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  2. sahany09
     
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    Hunter, sei un ottimo narratore!
    Aspetto la 2a parte del racconto.
     
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  3. Vivaldi4love
     
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    Davvero!!!!!!!! Sei spettacolare quando scrivi, complimenti!
     
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  4. Hunter 92
     
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    Lo so, sono inqualificabile.
    Preso come sono dal demone della scrittura, mi sono reso conto che il mio racconto in due parti si è rapidamente evoluto in un racconto in tre parti.
    Mentre cerco di districarmi con l'epico finale (che tanto epico, in fondo, non è), ecco a voi la seconda parte (di tre).

    L’Angelo dell’Abisso

    Un’auto era ferma davanti al locale. Luci e motore erano spenti. Nella penombra era praticamente impossibile vedere le due figure sedute dentro all’abitacolo. Erano ferme, assolutamente immobili, in quella posizione da oltre un’ora. Sorvegliavano.
    Dentro un uomo stava seduto ad uno dei tavoli. Teneva i piedi poggiati sulla superficie di legno vicino ad un boccale di birra pieno per metà. Indossava jeans neri, una maglietta nera e una giacca di pelle nera, che lo confondevano con le ombre che regnavano nella stanza Aveva uno sguardo crudele e il mento ricoperto da una corta barba scura. Aspettava.
    Non dovette attendere ancora a lungo.
    Dove un momento prima non c’era nessuno ora al centro del locale stava una donna alta in abito da sera rosso. Era incredibilmente bella, ma nei suoi occhi covava la stessa crudeltà dell’uomo, e i suoi tratti delicati lasciavano trasparire ira e impazienza in egual misura.
    “Benvenuta, mia signora. Era ora che ti facessi viva.” la salutò l’uomo.
    Lei fece un gesto di stizza con la mano.
    “Si può sapere cosa c’è di tanto urgente da richiedere assolutamente la mia presenza?”
    L’uomo si mise a sedere poggiando i piedi a terra.
    Prima di rispondere si prese un momento per bere un sorso di birra, compiacendosi dell’irritazione della sua interlocutrice.
    “Allora?” lo incalzò.
    Lui si strinse nelle spalle.
    “Abbiamo perso uno dei nostri. Credevo ti interessasse saperlo.”
    “Chi?”
    “Victor.”
    “Era in missione?”
    “Non proprio. Si era preso un momento di riposo. Aveva trovato una bambina dolcissima e aveva deciso di possederla, così, tanto per divertirsi un po’. Sai, lui è sempre stato un grande... amante... delle bambine. Peccato che stavolta abbia trovato anche un Cacciatore.”
    La donna alzò gli occhi al cielo.
    “Fantastico! Sinceramente, non so chi sia il più idiota. Certo, Victor è riuscito a farsi fottere come un coglione per nulla, ma anche tu a seccarmi per dirmelo non scherzi.”
    “Ehi, puttana, stammi a sentire...!”
    L’uomo si era alzato in piedi. I suoi occhi erano diventati gialli.
    “No, tu stammi a sentire, inutile testa di cazzo!”
    La donna aveva parlato con un tono che non ammetteva repliche. I suoi occhi erano bianchi.
    “Non me ne importa assolutamente nulla di Victor, come non mi importa di nessuno dei tuoi stupidi leccapiedi! Al momento sono un po’ impegnata con questa seccatura degli angeli, capisci, e non ho morto tempo da dedicare ai tuoi insignificanti problemi. Anzi, sai cosa ti dico? Sono felice, forse passare un paio di mesi all’Inferno insegnerà a Victor un po’ di autocontrollo, tu che dici?”
    L’uomo fece un passo indietro. Non era il caso mettersi a discutere, non con lei. Sarebbe stata una circostanza molto spiacevole. Quando parlò i suoi occhi erano tornati normali, come pure il tono.
    “È quello che sto cercando di spiegarti. Victor non è all’Inferno. Non è stato esorcizzato. È stato ucciso. È morto.”
    “Morto?”
    La donna parve stupita. Anche i suoi occhi tornarono normali. Fece un passo indietro e si sedette su uno sgabello accavallando le gambe.
    “Chi è stato?” chiese.
    “Il tuo amichetto.”
    Questo la fece sorridere, un sorriso crudele.
    “Dunque non l’hanno preso... non ancora, almeno.”
    Rifletté per qualche secondo.
    “In ogni caso, non ci riguarda. Ormai non è più di nessuna utilità per noi. Quando i suoi amici lo troveranno smetterà di essere un problema. Procurati qualcuno che prenda il posto di Victor.”
    L’uomo le si avvicinò.
    “Ha il Cacciatore con sé, adesso. Non possono essere andati troppo lontano. Voglio seguirli...”
    La donna rise.
    “Che te ne importa? Te l’ho già detto, non ci riguarda.”
    “Voglio essere io a trovarlo!”
    Strinse i pugni. Ora si trovava a meno di mezzo metro dalla donna.
    “Non potresti fargli nulla.” gli ricordò lei con voce suadente, scendendo dallo sgabello.
    “Potrei torturarlo.”
    “Non sarebbe nulla in confronto a quello che gli faranno in Paradiso.”
    “Allora voglio essere io a spedircelo!”
    “Ma perché?” gli domandò divertita accarezzandogli una guancia. I loro volti distavano pochi centimetri. “Sei forse geloso di lui?”
    Lo baciò.
    Lui non rispose. Era troppo furioso.
    Lei smise dopo qualche secondo.
    “Oh, e va bene! Se mi devi tenere il broncio in questo modo, fa un po’ quello che ti pare! Già che ci sei, liberati anche del Cacciatore.”
    Un sorriso attraversò il volto di lui.
    “Sarà fatto!”
    “Bene. Se non ce altro, io me ne andrei via. Sono stanca di questa parte della Terra. Qui ormai non si fa altro che parlare di quella primadonna di Lilith. Ho voglia di cambiare aria.”
    “Dove andrai?”
    Lei rise di nuovo.
    “Sono certa che mi troverai. Se c’è una cosa che non ti manca, quella è la fantasia.”
    Detto questo, scomparve, lasciandolo da solo con il suo proposito di vendetta.

    Era decisamente ridicolo viaggiare in quel modo.
    Sui sedili anteriori dell’auto erano seduti Rick, al posto di guida, e Chip, al suo fianco. Coricata sul retro Julie era ancora svenuta. Fenrir, il segugio, stava chiuso dentro al bagagliaio, e protestava rumorosamente per via della sua sistemazione.
    “Siamo abbastanza lontani adesso?” Il Cacciatore lanciò prima uno sguardo allo specchietto, poi al passeggero accanto a lui. “Puoi spiegarmi per quale motivo siamo dovuti scappare così di corsa, portandoci la ragazza dietro, per giunta?”
    “Il demone che ho ucciso non era da solo. I suoi compagni saranno andati a cercarlo. Quello non era più un posto sicuro.”
    “D’accordo, ma se avevamo tanta fretta, perché tu non ci hai direttamente teletrasportato?”
    L’angelo sospirò.
    “Non sono in grado di farlo. Sono diverso dagli altri angeli. Appartengo ad una gerarchia inferiore per certi versi, ma più adatta alla guerra.”
    “Logico. E cosa ci fai qua?”
    “Io e i miei fratelli fummo creati e inviati sulla Terra per proteggere gli uomini dalle creature del male. Ben presto però voi imparaste a difendervi da soli. Noi restammo comunque, ad osservare, ad attendere il giorno in cui avreste nuovamente avuto bisogno di noi. Ma quel momento non arrivò mai. In molti si stancarono di attendere. Alcuni di loro morirono, altri tornarono a casa. Siamo rimasti in pochi fedeli alla nostra missione originaria. Dopo questa sera, ancora di meno.”
    “Ehi, non ricominciare con questa storia!”
    Chip lo guardò con tristezza.
    “Purtroppo è così. La nostra situazione è critica.”
    “No, bello mio! La tua situazione è critica! Sei tu che hai fatto incazzare i piani alti, non io!”
    “Non mi riferivo ai miei fratelli. Loro non possono più rintracciarci, non con quei simboli che vi ho tracciato addosso.”
    “E allora quale sarebbe il problema?”
    “Ho motivo di credere che quel demone fosse al servizio di colei che è alla base della mia rovina.”
    “La tipa che ti sei fatto?”
    Rick gli lanciò un’occhiata fugace e vide il disappunto sul volto dell’altro.
    “Se vuoi metterla in questi termini... sì, lei. E so già chi manderà a cercarmi. Un demone molto antico e molto potente.”
    “Questo demone molto antico e molto potente ha un nome?”
    “Presso di voi è conosciuto come l’Angelo dell’Abisso. Colui che in greco si chiama Perdizione. E in ebraico Sterminatore.”
    Ci fu un momento di silenzio.
    “Beh, in effetti detta così sembra non sembra una cosa molto positiva.”
    “Di che accidenti state parlando?”
    Julie si era risvegliata. Rick la guardò attraverso lo specchietto retrovisore. Stava seduta poggiata contro la porta. Si massaggiava la testa con aria dolente.
    “Ehi. Ciao. Tutto bene?” le chiese il Cacciatore.
    “Mhm... non esattamente. Ho un gran mal di testa.” rispose lei, sincera. “Che cosa è successo?”
    Stava prendendo piuttosto bene il fatto di ritrovarsi in macchina con due sconosciuti dopo aver subito una possessione demoniaca.
    “Non c’è tempo per le spiegazioni.” Disse all’improvviso Chip “Si stanno già muovendo. Noi non possiamo farcela da soli. Abbiamo bisogno di una mano. Devo andare. Rick, è necessario che Julie resti con noi. Spiegale tutto.”
    “Fermo fermo fermo! Aspetta un minuto! Cosa devo fare se questo demone... Sterminazione... o come diavolo si chiama... ci trovasse?”
    “Non starò via a lungo. Continua a guidare per altri quindici chilometri, quindi gira sulla strada a destra. Percorrila completamente e arriverai ad una fermata ferroviaria. Non è più utilizzata da anni, non ci sarà nessuno. Aspettami là, e preparati alla battaglia.”
    “Ma...”
    Rick si voltò verso di lui. Troppo tardi. Al suo fianco rimaneva solo un sedile vuoto.
     
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  5. sahany09
     
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    CITAZIONE
    Preso come sono dal demone della scrittura, mi sono reso conto che il mio racconto in due parti si è rapidamente evoluto in un racconto in tre parti.

    Tranquillo! Sono cose che càpitano, soprattutto agli scrittori.
    Come te.
    C'è bisogno di dirti altro? :D
     
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  6. dani61
     
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    Storia molto bella e originale - e poi scrivi davvero molto molto bene - complimenti!!!!!
     
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  7. primb_halliwell
     
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    complimentiiiii finalmente un'altro ragazzo non sono solo....cmq bravo storia fantastica.
     
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    se avete problemi o domande non esitate a mandare mp o a postarle in Help nel settore "guida cacciatori/cacciatrici".
    grazie a tutti lo staff.
     
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